Sulla tomba di Händel all’abbazia di Westminster, a Londra, il compositore è raffigurato con la partitura del Messiah aperta sull’incipit dell’aria. Basta dire questo per comprendere quanto celebre sia l’oratorio per soli, coro e orchestra HWV 56 composto nel 1741 che sarà eseguito sabato alle 20.30 al Teatro Massimo, con voci d’eccezione.
Direttore Fabio Biondi, soprano Maria Grazia Schiavo, contralto Sonia Prina, tenore Carlo Allemano, basso Luca Tittoto, Orchestra e Coro del Teatro Massimo, maestro del Coro Piero Monti. Fu William Cavendish, Lord luogotenente d’Irlanda, a proporre a Händel (che si era ormai trasferito a Londra dalla nativa Sassonia, dopo quattro anni in Italia) di recarsi a Dublino e di comporre un oratorio per beneficenza. Nacque così l’oratorio in tre parti Messiah, composto con velocità sbalorditiva, dal 22 agosto al 14 settembre 1741. La prima esecuzione ebbe luogo a Dublino, nella New Music Hall di Fishamble street, il 13 aprile 1742.
Il libretto, organizzato da Charles Jennens, è interamente tratto dalla Bibbia, con un abile collage di versetti. La struttura è divisa in tre parti: la prima parla della nascita di Gesù, la seconda affronta passione e morte, la terza infine è interamente dedicata alla resurrezione finale e si apre infatti con l’aria del soprano “I know that my Redeemer liveth”, che è uno dei brani più famosi dell’oratorio (insieme al poderoso “Hallelujah!” che conclude la seconda parte). Grazie al testo creato da Jennens Händel supera i limiti dell’oratorio italiano e tedesco, che seguendo le regole dell’unità di azione avevano trattato sempre separatamente gli episodi gaudiosi, dolorosi e gloriosi della vita di Cristo.
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