“Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere. Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna”, grido Maurizio Di Fede , uno dei fermati nell’operazione Tentacoli della Squadra Mobile di Palermo, alla madre della piccola, sua amica, quando seppe che la bambina si stava preparando con la classe per partecipare a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci.

Questa storia risale al maggio di tre anni fa.

“La bambina da un mese si prepara. Ma in fondo, è solo una cosa scolastica”, disse la madre della bimba. Di Fede non voleva sentire ragioni: “Noi qua non ci immischiamo con i carabinieri. Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono”.

La madre della piccola insisteva, la bambina teneva particolarmente ad andare con i compagnetti al giardino della Magione, alla Kalsa, per l’iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone. Di Fede sbottò: “Alla Magione, là sono nati a cresciuti, i cornuti là sono nati”. Di Fede controllò che la bimba realmente non andasse alla manifestazione.

Tornò più volte a casa dei suoi amici, per accertarsi che la piccola non andasse. Era diventata ormai una questione d’onore. Un giorno si portò dietro il giornale, che annunciava la manifestazione: “Anniversario della strage di Capaci, oltre settantamila studenti pronti a invadere Palermo”, lesse a voce alta. Apriti cielo.

“Là dove deve andare la bambina, la sbirra”. La madre prese le difese della piccola. E pure lei fu apostrofata come “sbirra”: “Se gli mandi la bambina sei una sbirra”. Il boss sentenziò: “Falcone, minchia che cosa inutile”. Se la prese pure con gli insegnanti della bambina: “Questa scuola l’ha tutta per i fatti suoi”.

“Una vicenda brutale questo scagliarsi contro la mamma di questa bambina che voleva andare come tutti i suoi coetanei a manifestare contro la mafia e contro la violenza è la testimonianza plastica di quanto dia fastidio a cosa nostra che la coscienza civile della città è mutata, si è rovesciata completamente e non è più una coscienza di omertà  e di assuefazione, sopraffazione alla violenza ma è una coscienza che urla che dice chiaramente che con Cosa Nostra non vuole avere nulla a che fare”.

Lo ha detto il questore di Palermo Leopoldo Laricchia commentando la vicenda della bimba a cui è stata negata dal boss la partecipazione alle manifestazioni per ricordare i giudici uccisi dalla mafia Falcone e Borsellino.

“Le gravissime parole pronunciate dal boss arrestato oggi sono la riprova dell’importanza del lavoro che facciamo nelle scuole, un lavoro che dà evidentemente fastidio alla mafia e che proprio per questo va portato avanti. La mafia si combatte non solo con la repressione ma anche con una rivoluzione culturale e un’opera di educazione alla legalità in particolare delle giovani generazioni”. Lo ha detto Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci e presidente della fondazione che del magistrato porta il nome, commentando le parole del boss Di Fede che cercò di impedire ad amici di mandare la figlia alle manifestazioni organizzate dalla Fondazione Falcone in occasione dell’anniversario della strage di Capaci.

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