“Le indagini mettono in luce le difficoltà di Cosa nostra nella ricerca di un equilibrio interno, indispensabile per portare avanti le proprie attività illecite. A seguito degli arresti, per ricostruire assetti gerarchici, c’è una ricerca spasmodica di nuovi adepti e di elementi di spicco a cui assegnare la reggenza del mandamento, elementi che abbiano una capacità di leadership in grado di arginare conflitti interni. Cosa nostra cerca di trovare una compattezza granitica che le consenta di assolvere alla propria dinamica interna”.

A dirlo è stato il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, colonnello Antonio Di Stasio, durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione antimafia Monte Reale, che ha colpito il mandamento di San Giuseppe Jato e della famiglia di Monreale portando in carcere 15 persone e all’obbligo di firma per una sedicesima.

“La mafia ormai gestisce in house la coltivazione di marijuana. Con un piccolo investimento si riescono ad ottenere grandi profitti. Ad esempio a Piana degli Albanesi abbiamo sequestrato un’intera piantagione che avrebbe fruttato oltre un milione di euro. Le famiglie mafiose controllano tutti i passaggi e affidano tutti i compiti, dall’idraulico che deve realizzare l’impianto idrico trovando persone che gestiscono la coltivazione”.

Lo ha detto Piero Sutera comandante del Gruppo di Monreale (Pa). Nel corso delle indagini sono emerse fibrillazioni interne e una guerra tra vecchi e nuovi boss. In particolare il tentativo di Giovan Battista Ciulla, capo della famiglia di Monreale, e Onofrio Buzzetta, tra la fine del 2014 e l’inizio 2015, di prendere in mano le redini del comando, tessendo nuove alleanze ad esempio con Benedetto Isodoro Buongusto, che era uscito dal carcere nel novembre 2014. Questa smania di prevalere provoca il risentimento dei vertici del mandamento. E infatti al posto di Ciulla il 25 febbraio del 2015 viene designato Francesco Balsano a capo della famiglia di Monreale, nipote di Giuseppe, catturato nel 2002 e morto suicida in carcere. Inoltre nel corso di questa riunione venne deciso che il principale interlocutore di Balsano in seno al mandamento mafioso avrebbe dovuto essere Antonino Alamia. L’8 febbraio del 2015 Ciulla fuggiva in provincia di Udine. Per lui i sicari di Cosa Nostra erano pronti ad entrare in azione.

Con la fuga di Ciulla toccò ai suoi uomini subire intimidazioni e aggressioni da parte dei nuovi capi. Francesco Balsamo, nipote di Giuseppe, catturato latitante nel 2002 e morto suicida in carcere, investito capo mandamento il 25 febbraio del 2015 in un capannone nelle campagne di Monreale decise di fare terra bruciata ai vecchi capi. Il 28 febbraio 2015, Benedetto Buongusto, legato a Ciulla, trovo davanti alla porta di casa una testa di capretto su cui era stata conficcata una pallottola da caccia, con un biglietto: “Da questo momento non uscire più di dentro perché non sei autorizzato a niente”. Pochi giorni dopo la sera del 3 marzo 2015, lo stesso Buongusto rintracciato per le vie di Monreale fu pestato violentemente con tubi in ferro, riportando diversi traumi e la frattura di una costola e fu sottoposto d’urgenza ad intervento chirurgico. Al braccio destro di Ciulla, Onofrio Buzzetta,il 6 marzo 2015 venne minacciato nella propria auto proprio da Francesco Balsamo. Dopo avergli puntato una pistola in bocca, gli spiegò chi comandava: “Sono autorizzato ad ammazzarti pure ora”.