“Il tema di fondo è che stiamo vivendo una esperienza palermitana di autostima, di sana autostima. La mancanza di quest’ultima, purtroppo, è stata l’anticamera della sudditanza. Era ora di voltare pagina”. Così Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e ‘candidatissimo’ al bis a Palazzo delle Aquile, in un passaggio dell’interessante e lunga intervista rilasciata ai microfoni di Radio Radicale andata in onda ieri a tarda sera.

Sollecitato su svariati temi, Orlando, in particolare riconosce da subito di avere il “dovere di preservare questa esperienza palermitana. Qualche giorno fa per fare solo un esempio per far comprendere a cosa mi riferisco – dice – ho incontrato 22 giornalisti delle più importanti testate del mondo perché vogliono comunicare ai loro paesi questo straordinario passaggio di Palermo da capitale della mafia a capitale della cultura. Per preservare questa esperienza va dato un messaggio di discontinuità rispetto alla logica tradizionale di apparentamento anche rispetto a quello che accade a livello regionale…”.

Inevitabile poi il passaggi sui rapporti, non sempre ‘idilliaci’, con il Pd. Pd di Renzi che, secondo Orlando, in queste ultime settimane, forse mesi o anni, “ha perso davvero una grande occasione” pensando soprattutto ai ‘buonissimi’ propositi del ‘promettentisssimo primo’ Renzi che anche a sicule latitudini coglieva l’interesse dello stesso Orlando ma anche del collega etneo Enzo Bianco.

“Se il tema è la mia elezione a sindaco di Palermo – ha detto poi Orlando – non ho bisogno di parlare con il Pd perché sono talmente bravo da vincere e da perdere da solo. Io vorrei dare un senso di rafforzamento di questa esperienza senza venir meno ai principi quali la politica dell’accoglienza, niente appalti pubblici in tema di rifiuti e acqua, sistema di attenzione per gli emarginati e bilancio in equilibrio. Sotto Roma, Palermo è la città con il miglior bilancio comunale. Ma di questo non parla nessuno”.

Orlando ammette inoltre che in questa ennesima esperienza da primo cittadino “tutto quello che ho fatto in questi anni è di mia responsabilità. Ho agito – ammette- in totale autonomia politica. Non c’è stata una sola nomina che ho fatto perché qualcuno mi ha segnalato qualcun altro. Se ho fatto scelte sbagliate io sono il responsabile”.

Anche sul tema delle alleanze sembra molto chiaro. affermando che “le faccio solo sulla base di alcuni punti irrinunciabili. Siamo l’unica città d’Italia che non ha un solo appalto privato nel settore dell’acqua e in quello dei rifiuti. In Sicilia acqua e rifiuti sono il nuovo sistema di potere cianciminiano“.

L’attuale sindaco che auspica di succedere a se stesso ricorda poi che a “Palermo non si sta giocando solo la partita di buona amministrazione ma di cambio culturale. Alla mia età o contribuisco a questo o meglio andare a fare altro…”.

Altro tema particolarmente caro a Leoluca Orlando è anche quello della mafia, connubio purtroppo legato per decenni al capoluogo siciliano. Ma secondo il primo cittadino “oggi la cultura è cambiata, Palermo non è più governata dalla mafia. A Palermo ancora, certo, abbiamo tre tipi di mafia: quella finanziaria – evidenzia- fatta di soggetti in giacca e cravatta che parlano molte lingue che cercano di vivere con i proventi che hanno accumulato facendo da professionisti i prestanome dei boss mafiosi e magari le ville le comprano a Parigi piuttosto che a Saint Moritz. Poi – continua Orlando- c’è la mafia camorrizzata che sostanzialmente è fatta da gruppi che un tempo controllavano un territorio mentre ora tendono a diventare bande criminali senza confini. Infine – dice ancora- abbiamo la mafia ndraghetizzata formata da vincoli di sangue che adesso vengono beccati per appalti da 50mila euro”.

Parole forti infine, contro i ‘professionisti’ dell’antimafia dopo aver sciorinato insieme al cronista di R.R., Sergio Scandura, ricordi e lucidissimi pensieri su personaggi di altissimo profilo come Leonardo Sciascia e Peppino Impastato solo per citarne due.

“Quando certi protagonisti dell’antimafia viene raggiunto da qualche comunicazione giudiziaria qualcuno mi chiede sempre ‘ma non sei stupito?’. La mia risposta è: meno uno, piano piano ce ne stiamo liberando. Negli anni ’70 e ’80 – riconosce- erano tempi dove, per così dire, controvoglia si diventava professionisti dell’antimafia. Dopo le stessi del ’92 e del ’93 non abbiamo più bisogno di rappresentati dell’antimafia. Abbiamo bisogno che chiunque, che nel proprio condomino, viva un impegno di legalità contro la mafia senza ricorrere ai cosiddetti professionisti”.