Stanno meglio madre e figlia ricoverate all’ospedale Villa Sofia e Buccheri La Ferla dopo avere acquistato e mangiato mandragora scambiata per borragine. Gli antidoti e le cure prestate dai sanitari degli ospedali stanno dando i risultati sperati.

Le allucinazioni provocate dall’erba delle streghe stanno via via scemando e le due donne di 72 e 56 anni cominciano a riprendere conoscenza. Madre e figlia si sono presentate in ospedale con i classici sintomi dell’avvelenamento: confusione mentale, vertigini, nausea, diarrea e malessere generale.

Sono salve grazie al coordinamento scattato tra 118 e polizia stradale di Buonfornello. Entrambe hanno mangiato la verdura velenosa che un commerciante ambulante gli aveva venduto per borragine.

Il centro antiveleni di Pavia, dopo una ricerca nel database, ha segnalato che l’ospedale di Cefalù aveva le fiale con l’antidoto. Un’auto della polizia stradale è andata a prenderle e le ha portate dai medici del 118. I sanitari le hanno consegnate agli ospedali in cui le due donne nel frattempo erano arrivate.

«In seguito all’ingestione di mandragora occorre somministrare un antidoto specifico – spiega il medico Marco Palmeri della centrale operativa del 118 che ha coordinato l’intervento -, si tratta della fisostigmina. Grazie al centro antiveleni di Pavia siamo riusciti a trovare le fiale a Cefalù. Potrebbero esserci infatti altri casi di avvelenamento».

Nel frattempo sono scattate le ricerche da parte degli investigatori per rintracciare l’ambulante che ha venduto la verdura. Si tratterebbe di un commerciante che con la sua motoape batte la zona di via Marchese di Roccaforte e via Marchese di Villabianca. Originario a quanto pare della zona di Bolognetta, da quelle parti si rifornisce di verdura selvatica, in particolare asparagi. I prezzi in genere non sono affatto abbordabili, dato che si tratta di prodotti non coltivati in serra, ma questa volta le «prelibatezze» stavano per spedire all’altro mondo due sue clienti.

Gli avvelenamenti da mandragora non sono affatto sporadici e causano sempre conseguenze molto gravi.

Come accadde quattro anni fa ad un’anziana di Marsala che prima finì in coma e poi morì dopo alcune ore di agonia. In quella circostanza la vittima avrebbe mangiato la verdura bollita, ma non ancora del tutto cotta, e questo avrebbe accentuato le proprietà tossiche.

Altro caso grave è avvenuto due anni fa a Canicattì, ma in quel caso un uomo fu salvato appena in tempo. Venne infatti trasportato d’urgenza all’ospedale di Agrigento dove gli venne somministrato l’antidoto.

Le due donne ricoverate al Buccheri La Ferla ed a Villa Sofia sono tenute costantemente sotto osservazione, gli effetti dell’avvelenamento sono infatti imprevedibili ed ogni complicanza è possibile. Hanno avuto appena il tempo di comunicare dove avevano acquistato la verdura e poi le loro condizioni sono peggiorate. Subito dopo è iniziata la corsa contro il tempo di sanitari e forze dell’ordine che nel giro di poche ore si è concretizzata con la somministrazione dell’antidoto. Ma non era affatto scontato che a Cefalù fosse disponibile il farmaco. È stato una coincidenza importante ed ha consentito di concludere le ricerche in fretta.

Le indagini puntano adesso a prevenire anche nuovi casi simili. Non è escluso dunque che la partita di finta borragine, e vera mandragora, sia finita anche a qualche altro ambulante e sono già scattati diversi controlli. Ai consumatori viene consigliata la massima prudenza.

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