I carabinieri della compagnia di Misilmeri e del nucleo investigativo del reparto operativo di Palermo hanno arrestato questa notte sei persone accusate di essere i capi e i gregari della famiglia mafiosa di Misilmeri in esecuzione dell’ordinanza cautelare in carcere firmata dal gip su richiesta dei magistrati della Dda di Palermo coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido. I sei destinatari del provvedimento sono accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Tutti sono stati portati nel carcere Pagliarelli di Palermo in attesa dell’interrogatorio di garanzia in programma davanti al gip nei prossimi giorni.

L’operazione Fenice

L’operazione “Fenice” messa a segno questa notte dai carabinieri del comando provinciale di Palermo è il sesto blitz in 14 anni contro il violento mandamento di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, l’unico territorio dell’hinterland palermitano dove negli ultimi anni si sono verificati tre omicidi e due tentati omicidi di mafia. Le indagini sono iniziate nel 2008 con l’operazione “Perseo” contro i clan di Belmonte Mezzagno e Misilmeri ed è continuato con i blitz “Sisma” (2009 e 2011), “Jafar” e “Jafar 2” (2015), “Cupola 2.0” (2018 e 2019) e “Limes” (2022). Decine e decine di arresti che hanno cercato di contrastare il predominio di un clan tra i più attivi in orovincia di Palermo, in grado comunque di rigenerarsi e di controllare decine e decine di attività economiche.

I nomi di tutti gli indagati

Gli indagati nell’operazione Fenice dei carabinieri del comando provinciale sono Cosimo Michele Sciarabba, Alessandro Ravesi, Salvatore Baiamonte, Benedetto Badalamenti, Giusto Giordano e Giovanni Ippolito.

Il controllo del racket delle estorsioni

Nonostante i numerosi arresti degli ultimi anni, nel mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno il clan era riuscito a riorganizzarsi. Per mantenere il predominio nel territorio sono stati commessi omicidii, e imposto il pizzo a tappeto ai commercianti della zona. Questo è quanto emerge dall’operazione “Fenice” messa a segno questa notte dai carabinieri del comando provinciale di Palermo, coordinati dalla Dda, che ha portato in carcere sei fra boss e gregari del mandamento alle porte della città. Un’organizzazione tornata in piena operatività con una nuova scala gerarchica che imponeva le regole mafiose. L’indagine dei carabinieri, sviluppata attraverso non poche difficoltà dovute al “modus operandi” degli indagati, ha consentito di acquisire gravi indizi in merito all’evoluzione strutturale ed operativa della famiglia di Misilmeri, alla identificazione degli appartenenti al clan, all’accertamento degli affari illeciti e al condizionamento del tessuto socio-economico attraverso il potere mafioso della famiglia di Misilmeri, espresso principalmente attraverso l’imposizione del pizzo.

Il racket alle imprese edili e supermercati

L’attività estorsiva veniva messa a segno a tappeto in nel mandamento mafioso per mantenere il controllo del territorio e sostenere le tante famiglia degli uomini finiti in carcere in questi anni. Sotto ricatto con le imprese edili e al settore della grande distribuzione alimentare. I nuovi boss della famiglia mafiosa di Misilmeri, arrestati questa notte nell’operazione Fenice messa a segno dai carabinieri del comando provinciale di Palermo coordinati dai magistrati della Dda, avevano messo nel mirino, fra gli altri, un impresario del settore edile impegnato nella realizzazione di un grosso impianto di rifornimento di carburanti, il titolare di una società del settore della grande distribuzione alimentare, proprietario di diversi supermercati e un imprenditore alimentare, proprietario di un’azienda avicola del territorio. In questi tre casi gli inquirenti hanno documentato le numerose estorsioni imposte dai boss e gregari del clan.

Il nuovo boss di Misilmeri

L’indagine della Dda di Palermo, che ha portato questa notte all’esecuzione da parte dei carabinieri a sei arresti per mafia nei confronti dei vertici della famiglia mafiosa di Misilmeri, ha ricostruito i nuovi assetti del clan. Secondo i magistrati e secondo le valutazioni del gip nell’ordinanza a capo della cosca c’è Michele Sciarabba, considerato il nuovo capofamiglia di Misilmeri. Al suo fianco il braccio destro è Alessandro Ravesi. Oltre un anno di intercettazioni hanno permesso di scoprire come i due coordinassero l’attività nei settori tipici di controllo di Cosa nostra, curando il mantenimento dell’ordine sul territorio e cercando di risolvere tutte le controversie tra privati che si rivolgevano alla mafia invece che allo Stato. Intercettazioni e pedinamenti hanno svelato il sistema di solidarietà tra gli appartenenti al clan nei confronti dei familiari degli affiliati in carcere a cui veniva garantito il sostentamento.

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