I pm della Dda di Palermo Piero Padova e Gianluca de Leo hanno chiesto la condanna a 20 anni di carcere della sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, accusata di associazione mafiosa aggravata e ricettazione. La donna è in carcere da marzo dell’anno scorso. Secondo gli inquirenti avrebbe aiutato per anni il fratello a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la “cassa” della “famiglia” mafiosa e la rete di trasmissione dei ‘pizzini’, consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza.
Rosalia Messina Denaro è la maggiore delle quattro sorelle di Messina Denaro, la madre di Lorenza Guttadauro, avvocato che, dal giorno del suo arresto ha difeso il capomafia, e la moglie di Filippo Guttadauro che ha scontato 14 anni per associazione mafiosa ed è tuttora in carcere al cosiddetto ‘ergastolo bianco’.
Il secondo figlio della donna, Francesco, nipote prediletto del padrino trapanese, sta espiando una condanna a 16 anni sempre per associazione mafiosa. Anche un’altra sorella dell’ex ricercato, Patrizia, è in cella per mafia. A casa di Rosalia a dicembre del 2022, nella una gamba di una sedia, i carabinieri del Ros trovarono un pizzino, una sorta di cartella clinica del capomafia che li guidò alla scoperta della patologia di cui l’allora latitante soffriva e poi al suo arresto avvenuto il 16 gennaio del 2023 davanti alla clinica La Maddalena di Palermo.
Non si fermano le indagini sulla trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro. A mesi dalla sua morte gli inquirenti lavorano incessantemente sulle sue mosse e decisioni ma anche sul ruolo della famiglia Bonafede-Gentile di Campobello di Mazara che è stata senza dubbio fondamentale.
Gli investigatori stanno facendo luce su quella cerchia di favoreggiatori e fiancheggiatori che gli ha permesso di vivere in tutta serenità in provincia di Trapani dove si spostava senza difficoltà in macchina, in moto e con identità diverse permettendogli una vita praticamente normale e, quasi alla luce del sole.
Il lavoro di chi indaga prosegue, dunque, per svelare ulteriori connivenze. Si scava a fondo su tutto. E sotto la lente al momento migliaia di pizzini trovati nei covi con nomi e cifre in codici.
E ci sono anche i più tecnologici pc e telefonini degli indagati sui quali lavorare. Molte persone che favorirono la latitanza del boss mancano all’appello.
Tanti, troppi, in paese conoscevano della vera identità del “signor Bonafede”. E molti hanno coperto o aiutato. Ma anche le innumerevoli inchieste che negli anni hanno colpito al cuore la famiglia di Campobello. Oltre alla sorella Rosalia, arrestata e al momento sotto processo, “punto di riferimento – scrive nell’ordinanza il gip Alfredo Montalto delineando le figure degli ultimi tre arrestati, Massimo Gentile, Cosimo Leone e Leonardo Gulotta – è stato l’interno nucleo familiare dei Bonafede, secondo una linea di continuità che parte dal boss (deceduto) ‘Nardo’ Bonafede, e prosegue con la figlia Laura, la nipote Martina Gentile (figlia di Laura) e coinvolge i cugini Andrea Bonafede classe ‘63 geometra e Andrea Bonafede classe ‘69 operaio, il cugino Emanuele, fratello dell’operaio Bonafede. Sino ad arrivare al cugino di 2° grado del marito di Laura, Salvatore, ovvero l’architetto Massimo Gentile e il cognato di quest’ultimo Cosimo Leone”.