Minacce e insulti sul profilo Facebook della senatrice di Alternativa popolare Simona Vicari, finita nel mirino a causa di un emendamento sulle e-cig approvato durante l’esame del decreto legge fiscale. “Spero – si legge in uno dei commenti – che tutti il male che hai generato ti ritorni contro..”; “Ladra bastarda”, è uno degli insulti mentre in altri post spuntano commenti di stampo sessista; alcune infine sono minacce: “Attenta tu e i tuoi marci colleghi perché ti faranno la festa”. La senatrice guarda però al risultato ottenuto: “La legalità ha avuto la meglio – dice – nonostante le minacce, anche personali, che in queste ore sto ricevendo sui social e in provato solo per aver voluto il rispetto delle regole e il pagamento di un’imposta evasa e elusa”.

Sulle sigarette elettroniche, si legge nella relazione tecnica al maxiemendamento su cui il governo ha incassato la fiducia, dal 2015 c’è una imposta al consumo di 0,393 euro al millilitro per i liquidi da inalazione, contenenti o meno nicotina, dal quale ci si aspettava a regime 115 milioni l’anno. Ma “per la mancanza di controlli amministrativi frontalieri, per i prezzi più bassi praticati negli altri paesi e a causa di un lungo contenzioso, lo Stato – si legge – nel 2017 incasserà un importo pari a circa 4 milioni”. In attesa della sentenza della Corte Costituzionale, alcune aziende hanno applicato l’imposta “esclusivamente alla quantità di nicotina presente, di fatto pagando – si legge nella relazione – 1/10 dell’imposta dovuta”. La sentenza, sottolinea Vicari, “è arrivata poche ore dopo il via libera all’emendamento” che fa chiarezza su questa “giungla amministrativa e contabile” che ha consentito “al commercio online di proliferare permettendo che alcune vendite non venissero regolarmente registrate e dichiarate”. Alla pronuncia della Consulta ha fatto anche seguito “una circolare dei Monopoli di Stato che annuncia la chiusura dei siti che vendono prodotti a base di nicotina non a norma”. Sul fronte dell’evasione, sempre nella relazione tecnica si spiega che “a causa della mancanza di controlli amministrativi frontalieri molti consumatori optano per l’approvvigionamento via web su siti di aziende estere” che inviano via corriere in quantità modeste (massimo 10 flaconi) “evitando controlli fiscali alla dogana e, di fatto, evadono l’imposta”. Altro fenomeno quello dell’immissione sul mercato “di contenitori ad altissima concentrazione di nicotina” che consentono “al negoziante illegalmente, o al privato legalmente, di diluire il prodotto, ottenendone un quantitativo per il consumo molto più alto”. La vendita in canali autorizzati “e quindi tracciati e controllabili – si legge ancora – porterebbe a una ragionevole riduzione del mercato illegale” e a “maggiori introiti a titolo di imposta al consumo”.