Nuova bufera negli uffici pubblici comunali. Un’inchiesta sta provocando non poco imbarazzo a Villa Niscemi e Palazzo delle Aquile.

Durante le indagini sulla gestione della sezione misure di prevenzione diretta da Silvana Saguto e il suo cerchio magico di amministratori giudiziari, la Guardia di finanza intercettò casualmente un funzionario comunale che spiegava al suo interlocutore. Come scrive Repubblica qualcuno disse che “In quell’ufficio è tutto un mancia mancia”.

Gli uomini della Guardia di Finanza ricostruirono che si trattava dell’Edilizia privata del Comune.

Così è nata l’inchiesta del sostituto procuratore Enrico Bologna che ha portato nel registro degli indagati l’ex capo dello sportello unico per l’edilizia privata Paolo Porretto, l’ex dirigente dell’area Infrastrutture Mario Li Castri e l’ex capo dello sportello unico per le attività produttive Giuseppe Monteleone.

A settembre, hanno ricevuto un avviso di proroga dell’indagine, per l’ipotesi di reato di corruzione. Mentre l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, promette altri sviluppi. Lunedì mattina, gli investigatori del nucleo di polizia economico finanziaria si sono presentati al Polo tecnico di via Ausonia per chiedere gli atti di alcune concessioni edilizie. Sono una cinquantina quelle finite all’attenzione della procura della Repubblica e della Guardia di finanza.

E l’ipotesi è ancora quella iniziale: “corruzione”.  Anche oltre le posizioni dei tre dirigenti inizialmente coinvolti. Un giro di mazzette avrebbe oliato la macchina comunale, per portare avanti più velocemente alcune pratiche.

I magistrati hanno incrociato gli spunti che arrivavano dalla prima intercettazione con le denunce di cittadini e associazioni, che hanno segnalato alcune lottizzazioni abusive in varie zone della città. Una di queste è stata oggetto del processo che ha visto la condanna di Li Castri e Monteleone, per le proprie abitazioni realizzate in via Miseno, a Mondello.

Nelle motivazioni della sentenza, la giudice Marina Petruzzella ha segnalato alla procura un sistema fatto di mancati controlli da parte del Comune di Palermo; peggio, un sistema di possibili collusioni. La sentenza è stata un ulteriore spunto per l’indagine dei pubblici ministeri, che hanno già convocato alcuni funzionari, per ricostruire determinati passaggi degli iter amministrativi.

“Non sappiamo nulla, se non gli articoli del codice penale scritti nell’atto di proroga, che fanno riferimento al reato di corruzione – ha dichiarato l’avvocato di Li Castri, Marcello Montalbano – in ogni caso, il mio assistito è disponibile a essere ascoltato dai magistrati per rispendere a ogni loro domanda”.

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