Foto trovate nel cellulare, tracce lasciate da profili Facebook, decine e decine di messaggi che proverebbero il suo ruolo nell’organizzazione di trafficanti di uomini che gestisce i viaggi dei migranti tra l’Africa e la Sicilia: crescono gli elementi a carico dell’eritreo arrestato in Sudan il 25 maggio ed estradato in Italia i primi di giugno nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Palermo sul network criminale.

L’eritreo estradato in Italia dal Sudan potrebbe non essere Mered Medhanie, boss del traffico internazionale di migranti.

Secondo amici dell’arrestato, che hanno parlato con la ‘Bbc’, l’uomo sarebbe vittima di uno scambio di persona e il suo vero nome sarebbe Mered Tesfamariam.

I magistrati hanno depositato gli esiti della consulenza fatta esaminando profili social e cellulare dell’uomo che si dice vittima di un errore di persone e dà agli investigatori generalità diverse da quelle attribuite dalla polizia al trafficante.

Oggi si è tenuta l’udienza preliminare davanti al gip di Palermo che deve deciderne il rinvio a giudizio per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: la sua posizione, mentre era ricercato, venne stralciata dal procedimento principale ora in fase di requisitoria.

Materiale, quello depositato agli atti del giudice, che si aggiunge a quello raccolto durante le indagini. E sempre all’udienza il legale dell’eritreo, che sostiene di essere un profugo e di essersi trovato in Sudan in attesa di imbarcarsi per l’Italia, ha prodotto le dichiarazioni due migranti, ora residenti in Svezia, che dichiarano che l’uomo arrestato ed estradato non è l’organizzatore dei loro viaggi verso l’Italia.

Tra gli atti depositati c’è l’esito dell’inchiesta fatta dalla Nca inglese che, in cooperazione con la polizia e i pm di Palermo, ha individuato a Khartoum l’eritreo ricercato.

I magistrati l’hanno richiesta tramite rogatoria. Dall’indagine, effettuata ricostruendo le tracce lasciate su Fb dal trafficante, – fondamentale è stata la collaborazione del social – è emerso che, contrariamente a quanto da lui detto durante l’interrogatorio di garanzia, nel 2014 si trovava in Sudan.

Lo accerta l’ip del computer da cui accedeva a Fb. E proprio in Sudan venne intercettato dai pm che indagavano sulla tratta. L’eritreo, invece, ha dichiarato che in quel periodo si trovava tra l’Eritrea e l’Etiopia.

Nel cellulare trovato all’africano durante l’arresto, cellulare di cui l’arrestato non ha mai smentito l’uso, sono state trovate, inoltre, le foto della moglie, una eritrea che vive in Svezia le cui tracce sono state seguite dagli investigatori per arrivare al trafficante, e del loro bambino. L’estradato, invece ha smentito di conoscere la donna.

Recuperati, inoltre, messaggi sul social Viber in cui l’africano parla di denaro da ricevere, di viaggi verso l’Italia, di barconi. “Mi servono per lavorare con la barca”, spiega in una delle chat riferendosi ai soldi.

Una delle password fornite agli inquirenti per accedere a uno dei suoi due profili Fb corrisponde, poi, al soprannome con cui l’uomo è conosciuto dai familiari: Filmon.

La Procura sta attendendo ancora gli esiti della consulenza fonica sulle telefonate intercettate nei giorni prima dell’arresto in Sudan che verranno confrontate con quelle registrate durante l’inchiesta del 2014.

Ultimo tassello per provare che non c’è errore di persona e che quello arrestato è il trafficante. L’udienza preliminare è stata rinviata al 21 luglio.