Troppi punti oscuri intorno all’omicidio di Roberta Siragusa a Caccamo. Emergono uno alla volta a margine delle fasi processuali.

Udienza a Termini Imerese

Oggi si è tenuta al Tribunale di Termini Imerese un’udienza davanti al Gip. Il medico legale di Messina Alessio Asmundo ha chiesto ulteriori 40 giorni per depositare i risultati delle analisi. Sono ancora tanti gli aspetti da chiarire sull’efferato delitto che ha sconvolto Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio.

Le domande ancora senza risposta

In primo luogo come è stata uccisa Roberta? Cosa ha provocato il decesso? Fin dal primo momento il primo indiziato è stato sempre il fidanzato della giovane, Pietro Morreale il quale adesso si trova in carcere con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere anche se gli inquirenti non escludono l’ausilio di complici in supporto a Morreale per questo motivo le indagini continuano alacremente. Dopo il sequestro della casa, gli investigatori hanno passato a setaccio anche un’abitazione a Lascari appartenente sempre alla famiglia Morreale all’interno della quale è stata ritrovata una scarpa appartenente al padre, la stessa che aveva quando ha accompagnato il figlio in caserma la mattina del tragico evento. Nell’abitazione di Caccamo invece sono state ritrovate tracce di sangue grazie all’utilizzo del “combur test” il quale permette una diagnosi generica e specifica di residui di sangue, saliva e sperma grazie ricerca della natura della traccia attraverso metodi enzimatici, microscopici e molecolari, stessa cosa è avvenuta all’interno della macchina di Morreale dove sono state trovate le medesime tracce. Si saprà molto di più dopo le ulteriori analisi sui campioni e inoltre per gli investigatori rimane fondamentale l’indagine sul possibile o possibili complici di Morreale.

Le indagini tecniche del Ris di Messina

I Carabinieri del Ris di Messina stanno eseguendo analisi su tracce di sangue, alcuni frammenti di tessuto bruciati, una ciocca di capelli, la saliva dei familiari del presunto assassino di Roberta Siragusa, la scarpa del padre.
Roberta potrebbe essere stata uccisa nei pressi dello stadio di Caccamo, dove si era appartata con il fidanzato a bordo di una Fiat Punto. Qui sono stati trovati le chiavi di casa della vittima, parti di tessuto bruciate e un “gruppo di verosimili formazioni pilifere (verosimile ciocca di capelli)”.

La ricostruzione delle drammatiche fasi

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, accolta dal giudice per le indagini preliminari che ha convalidato il fermo del diciannovenne, il ragazzo avrebbe ucciso la fidanzata nei pressi dello stadio per poi gettare il cadavere del dirupo, dopo avere provato a bruciarlo.
Quindi ha fatto rientro a casa. La Fiat Punto di Pietro Monreale è stata filmata mentre transitava due volte lungo la strada dove è stato ritrovato il corpo. Il primo passaggio è delle 2:37 ed è tornato indietro alle 2:43. Successivamente alle 3:28 con rientro alle 3:40. Alle 9:29 Pietro, il padre e un avvocato sono andati in caserma. “È successa una cosa grave”, disse il genitore ai carabinieri. Il gip Angela Lo Piparo ha parlato di un “un tempo oscuro sufficientemente lungo per cercare di far sparire ogni traccia”.

Altre responsabilità da scoprire?

Che possano esserci responsabilità ancora da scoprire è fin troppo chiaro dalla direzione investigativa indicata ancora una volta dal giudice: “Non può peraltro escludersi che egli sia stato coadiuvato nell’azione successiva, relativa occultamento degli elementi di prova”.

I primi risultati dell’autopsia

Dai primi rilievi dell’autopsia è emerso che Roberta non sarebbe morta per strangolamento. Potrebbe essere stata stordita con un colpo alla testa e successivamente le fiamme appiccate sul suo corpo avrebbero provocato un asfissia mortale. Solo gli esami istologici potranno dare il responso. Il consulente non ha ancora stilato la relazione conclusiva, attesa per i primi giorni di aprile. Che cosa è accaduto dopo il delitto? Il giudice ha scritto che ci sono altri particolari che farebbero emergere “la rappresentazione plastica della precisa volontà di inquinamento delle prove”.

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