Ha respinto ogni addebito Giacomo Vitale Pecoraro, 26 anni, accusato di avere ucciso giovedì scorso a coltellate il bracciante agricolo Francesco Dino, 57 anni, a Filaga, frazione di 220 abitanti nel territorio di Prizzi. Il giovane è comparso ieri davanti al Gip del tribunale di Trapani, Giancarlo Caruso, per l’udienza di convalida dell’arresto.
Assistito dall’avvocato Gaetano La Venuta, ha negato di essere stato presente sul luogo del delitto, dichiarando di non avere avuto né discussioni, né contrasti recenti con la vittima.
“Il giorno dell’omicidio non ero in paese – ha giurato -, stavo raggiungendo alcuni amici in provincia di Trapani”. E proprio nel Trapanese, dopo due giorni di ricerche, lo avevano catturato i carabinieri del comando provinciale.
Il giudice ha convalidato l’arresto e disposto il sequestro della sua Fiat Cinquecento L a bordo della quale era fuggito: all’interno dell’abitacolo saranno effettuati gli accertamenti per verificare la presenza di eventuali tracce di sangue. La competenza sui risultati di questi esami e sull’autopsia, già eseguita al Policlinico, è stata trasferita alla Procura di Termini Imerese mentre il coltello, l’arma usata per l’agguato, non è stata ancora ritrovato.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, all’origine dell’assassinio di Dino ci sarebbe un rancore covato da anni, nato da una lite finita in tribunale. La sera precedente, la sorella del bracciante agricolo aveva visto Pecoraro sotto casa intorno alle 22, l’ora in cui il fratello rientrava abitualmente.
“Mi ha visto, poi si è allontanato”, ha raccontato la donna. Il giorno dopo, davanti alla trattoria-pizzeria di via Marchese Arezzo, il cinquantasettenne sarebbe stato colpito alle spalle e all’addome, con il fendente mortale inferto alla gola. Dopo l’aggressione, sempre secondo le indagini degli inquirenti, il ventiseienne aveva preso la sua auto facendo perdere temporaneamente le sue tracce.
Originario di Palazzo Adriano, Pecoraro è affetto da schizofrenia, percepisce una pensione di invalidità ed era in cura in una struttura psichiatrica a Viterbo anche se, negli ultimi tempi, aveva saltato alcune sedute di terapia. Per Mario Bellavista, il legale della famiglia Dino, l’episodio della sera prima e la fuga sarebbero gli indizi di un assalto pianificato nei dettagli.






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