I carabinieri hanno notificato in carcere al Pagliarelli di Palermo, un’ordinanza di custodia cautelare, del gip, su richiesta della Dda nei confronti di Pietro Erco, 56 anni, di origini napoletane, da anni residente a Trabia, accusato, in concorso con altri soggetti accusato di essere l’autore dell’omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso ad Altavilla Milicia.
Con alcuni colpi di pistola la notte tra il 24 e il 25 ottobre del 2009 Erco, in base alle indagini dei carabinieri, uccise Urso che si trovava nei pressi della sua abitazione.
A marzo per lo stesso delitto era stato fermato Luca Mantia, 32 anni di Termini Imerese ritenuto l’autista del commando.
A fare luce sull’omicidio sono state le recenti dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia Francesco Lombardo e Andrea e Massimiliano Restivo coinvolti a vario titolo nell’omicidio.
La notte tra il 24 e il 25 ottobre 2009 il commando attese il rientro a casa del giovane imprenditore ed esplose nei suoi confronti numerosi colpi di arma da fuco, causandone il decesso.
Nel gennaio del 2017 erano stati tratti in arresto, in esecuzione di custodia ordinanza cautelare, emessa dal Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura Dda, Francesco e Andrea Lombardo oggi collaboratori di giustizia, ritenuti i mandanti del delitto.
Le attività investigative svolte all’epoca dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria, attraverso l’assunzione di numerose testimonianze, attività tecniche e riscontri a dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia, già esponenti di spicco della mafia bagherese, consentirono di accertare come l’evento delittuoso fosse maturato nel contesto delle dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, retta in quel momento da Francesco Lombardo.
Urso avrebbe cercato di fare concorrente nelle attività dei Lombardo e di altri esponenti mafiosi del mandamento di Bagheria, i quali, al pari della vittima, svolgevano l’attività imprenditoriale di “movimento terra” nella zona di Altavilla Milicia e Palermo.
I mafiosi di Bagheria non tolleravano l’atteggiamento “irrispettoso e non compiacente nei confronti di alcuni capi storici della consorteria mafiosa”.
Secondo le concordanti dichiarazioni di Andrea e Francesco Lombardo, la deliberazione del delitto veniva adottata tra vari componenti dell’associazione mafiosa, alcuni dei quali aventi un ruolo apicale nel mandamento di Bagheria e, in particolare, Francesco Zarcone (deceduto), Pietro Granà, e Giacinto Di Salvo detto Gino.
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