Il dolore e la vergogna. Due sentimenti che si mescolano, due sentimenti che si incrociano, due sentimenti che convivono. A parlare, sui social due giorni dopo l’omicidio di Paolo Taormina è una figlia dello Zen, un ex assessore comunale a Palermo, una donna impegnata nel sociale ma che non dimentica le sue origini e troppo spesso, nel quartiere, si ritrova. E, forse senza volerlo, indica anche una strada per dire basta. Una strada, però, lunga e complessa, che non trova soluzioni domani. Una strada sociale ma che deve partire dal controllo e dalla repressione oggi. Ma non una repressione fine a se stessa.
Il lungo messaggio social
“Sono Rosi Pennino, nata e cresciuta allo Zen di Palermo” inizia il lungo messaggio social dell’ex assessore figlia dello Zen.
“Ho letto in queste ore i post di tanti, gli articoli di diversa e diffusa stampa, sono rimasta impietrita per l’ennesima tragedia che ha spezzato una vita, dilaniato il cuore di una famiglia e portato ancora una volta lo zen alla ribalta come terra di nessuno e luogo popolato da killer sanguinari.
Non riuscivo a scrivere, perché sono nata e cresciuta allo zen di Palermo, ed il sentimento misto a rabbia e vergogna trovava solo il silenzio”.
La vergogna
“Mi sono sentita come quando ero adolescente, prima di iniziare impegno politico dentro e fuori il mio quartiere, nascondevo da dove venivo e glissavo girando in largo con frasi del tipo “ verso via Patti, alla fine di viale Strasburgo”. Il peso di un’etichetta, un marchio, che solo crescendo sono riuscita trasformare in riscatto umano e personale. In questi lunghi anni di impegno sociale, bruscamente poi, portato sulla strada di quello legato ai diritti delle persone con autismo, ho conservato amicizie e legami con le tante persone con le quali sono cresciuta in quartiere.
Già questa estate, dopo i fatti di Monreale, avevamo pensato insieme di dare voce anche a quella parte di zen che rappresenta il volto umano e positivo di storie diverse. Oggi l’ennesimo schiaffo, l’ennesima ferita”.
Non basta ricordare “ci sono anche persone perbene”
“Ho giocato per le strade del mio quartiere, ho frequentato le scuole, la parrocchia, partecipato da utente a diversi progetti del mondo dell’associazionismo, ho iniziato lì il mio impegno politico.
Quando fui nominata assessore, la prima foto dopo il mio giuramento fu con Loris, un giovane cresciuto in quartiere come me che ha scelto di diventare Frate Francescano, in tutti i luoghi in cui mi sono mossa ho sempre voluto rimarcare con forza di essere cresciuta allo zen, perché dentro di me credo che affermando il volto di storie positive, si compiano passi di riscatto”.
“Non me la sento di uscirmene con la frase “ allo zen ci sono anche persone perbene” perché questo slogan funziona per tutto e non funziona per niente”.
Lo Zen non è uno ma due
Voglio fare solo due riflessioni:
– la storia che porta alla nascita dello zen (1 e 2) è diversa, la violenza urbanistica con la quale è stato costruito lo zen 2 è sotto gli occhi di tutti, il disegno folle di un architetto di cui il prezzo si paga ancora.
– l’abbandono delle periferie è un totem la cui responsabilità ha sede nel tempo di politiche abitative, sociali e di interventi di riqualificazione decennale.
– il ruolo del sociale è un ruolo i cui frutti non si colgono l’indomani ma nel tempo e nei percorsi di cambiamento graduale attraverso un lavoro che genera il cambiamento.
Importante la presenza del sindaco in piazza ieri, un uomo perbene, vi assicuro che conoscendolo ed avendo avuto l’onore di lavorare al suo fianco so per certo che il dolore umano per la ferita inferta per l’ennesima volta alla città è sincero”.
Il fallimento di “tutte” le istituzioni educative
“Ma una cosa è certa e deve portarci ad una comune riflessione, senza ipocrisia e senza strumentalizzazioni: Assistiamo inermi al fallimento di tutte le istituzioni educative, dall’inadeguatezza delle famiglie, al grido di aiuto delle scuole, allo sforzo non bastevole del terzo settore”.
La strada per cambiare
“Occorre fermarsi ed avere il coraggio di tornare indietro, chiedere regole ferree per l’utilizzo violento e fuori controllo dei social, prevedere responsabilità dirette anche sulle famiglie quando un minore delinque, rivedere il ruolo del servizio civile e renderlo obbligatorio a tutti quei giovani che non intendono proseguire gli studi, ripensare alla leva obbligatoria, spostare le movida dai centri storici delle città in spazi dedicati, gestiti e controllati, riportare i consultori e servizi dentro i quartieri con una presenza massiccia, ripristinare gli incentivi alle scuole a rischio prevedendo il tempo prolungato obbligatorio, rivedere il ruolo del terzo settore che insiste nelle periferie, ripristinare all’interno delle parrocchie i gruppi scouts, una cornice strategica. Riqualificare il Degrado urbano”.
Per Pennino serve “una cosa su tutte: certezza feroce della pena”. E poi conclude “Da mamma e da donna cresciuta allo zen di Palermo mi stringo al fortissimo ed inconsolabile dolore e sento il peso profondo di chiedere scusa a nome di quella parte di quartiere che può e deve dire No a tutto questo”.






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