Oggi ci sono stati gli interrogatori davanti al gip di Palermo Filippo Serio di Antonio Mira e del padre Camillo accusati dell’omicidio avvenuto allo Sperone nel corso di una sparatoria in via XXVII Maggio dove è stato ucciso Giancarlo Romano, ritenuto boss emergente del quartiere e un suo uomo Alessio Salvo Caruso rimasto gravemente ferito nel corso del conflitto a fuoco e ricoverato all’ospedale Buccheri La Ferla. Il figlio Antonio si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre il padre ha ribadito che lui ha sparato per difendersi.
Indagini stanno accertando se sia scommessa non pagata o estorsione
Erano almeno in sei che sparavano contro i due Mira che poco prima erano andati nel tabacchi di Romano in corso dei Mille per rispondere con le armi all’aggressione subita da Pietro Mira figlio di Camillo che gestisce un centro scommesse clandestino che avrebbe dovuto pagare 2.500 euro a Caruso.
Le indagini stanno accertando se si tratti di una scommessa non pagata o un’estorsione per l’attività svolta. Davanti al tabacchi nel primo conflitto a fuoco del pomeriggio di lunedì scorso Caruso era riuscito a ferire Camillo Mira. Padre e figlio sono risaliti di corsa sulla Jeep con la quale erano arrivati per cercare di fuggire ai proiettili sparati contro.
Il blitz e la sparatoria
Una volta tornati verso casa in via XXVII Maggio, Camillo Mira aveva compreso in modo chiaro che ormai sarebbe stata solo questione di ore. La reazione al loro blitz, anche se finito male, ci sarebbe stata. E così non appena ha sentito l’arrivo degli scooter ha subito compreso di essere in pericolo.
Nel magazzino c’era una seconda uscita nel retro. Mentre diverse pistole sparavano è uscito fuori dalla porticina e ha sparato colpendo mortalmente Romano e ferendo in modo grave Caruso. I complici arrivati insieme alle due vittime non appena hanno visto i corpi a terra sono fuggiti. Caruso ancora ricoverato in ospedale non è stato sentito. Il giudice deciderà nelle prossime ore se convalidare i fermi.
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