Il giudice per l’udienza preliminare Clelia Maltese ha condannato con il rito abbreviato 10 imputati coinvolti nell’operazione Araldo condotta dai carabinieri e dalla guardia di finanza su un giro di usura che porto a dieci arresti. I nomi degli imprenditori in grave crisi sarebbero arrivati da una funzionaria di Riscossione Sicilia. Se le vittime non pagavano entravano in gioco i picciotti dei clan.

Chi sono i condannati dell’operazione Araldo

Tra i condannati l’ex avvocato Alessandro Del Giudice, che nel frattempo ha collaborato con i magistrati a 5 anni e 2 mesi. E’ difeso dall’avvocato Monica Genovese. Giuseppe Scaduto, difeso dall’avvocato Domenico La Blasca, capo del clan di Bagheria a un anno. Adesso tornerà libero. Cinque anni e 8 mesi sono stati inflitti a Giovanni Di Salvo ritenuto il capo dell’organizzazione, 3 anni e 4 mesi all’imprenditore Simone Nappini, 3 anni e 2 mesi a Gioacchino Focarino, 2 anni e 8 mesi ad Antonino Troia, Giovanni Riela un anno e 8 mesi, Antonino “Gino” Saverino, 6 mesi, Vincenzo Fucarino, 6 mesi, Atanasio Alcamo, un anno di reclusione. Questi ultimi due difesi dall’avvocato Salvo Priola.

Un imputato è stato assolto

Un solo imputato è stato assolto, si tratta di Antonino Fiorentino, difeso dall’avvocato Rosalia Zarcone. Del Giudice era finito un’altra inchiesta, “Goielli di famiglia”, era emerso che era l’emissario del boss Pietro Formoso e che aveva portato all’esterno del carcere anche i suoi pizzini. In “Araldo”, secondo la ricostruzione della Procura, era invece venuto fuori l’avvocato avrebbe avuto un “filo diretto” con una funzionaria di Riscossione Sicilia, che gli avrebbe fornito tutte le indicazioni su una quindicina di contribuenti in relazione ai loro debiti col fisco. Le vittime a cui proporre i prestiti.

Le indagini Bagheria, Ficarazzi e Villabate

L’indagine iniziata ad aprile del 2018, avrebbe consentito di individuare un gruppo di persone che prestavano soldi con tassi usurai nei comuni in provincia di Palermo tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Le vittime erano avvicinate grazie alle segnalazioni di una funzionaria di Riscossione Sicilia che forniva in modo illegale notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti. Una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti. Alle persone in difficoltà venivano applicati tassi che variavano dal 143% annuo e raggiungevano anche il 5.400% annuo. A fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro. Le vittime sarebbero state costrette a restituite le somme con la violenza o minaccia tipiche del metodo mafioso.

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