Gli agenti di polizia penitenziaria ieri hanno intercettato i lanci di due involucri nel carcere maresciallo Di Bona ex Ucciardone a Palermo che sono stati gettati dentro le mura di cinta dalle strade limitrofe. Nei pacchi erano nascosti 13 microcellulari dotati di altrettanti cavetti di ricarica oltre a 100 grammi di hashish. E’ quanto denuncia il Sappe. Il risultato fa seguito ad un’attività di intensificazione dei controlli legata alla preoccupante escalation di fatti analoghi registrati negli ultimi mesi.
Le parole di Capece
“Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30% delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga. Per chiarezza va ricordato che le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per se cosi problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta”. E’ quanto afferma Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria. Il sindacalista evidenzia come anche questi ultimi eventi “confermano tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffico illecito a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime di custodia aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la polizia penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza. Il compiacimento del Sappe va al personale del Reparto di Polizia Penitenziario dell’Ucciardone di Palermo. Il problema dell’introduzione di telefoni in carcere è da tempo noto e conosciamo bene la sua portata”. Secondo il sindacato servono poliziotti che sappiano contrastare l’utilizzo dei droni e che le carceri siano schermate in modo tale da non consentire l’utilizzo dei cellulari.
Un reato punibile
Il sindacalista rammenta che “dal 2020, introdurre un cellulare in carcere è un reato punibile con una pena che va da uno a quattro anni, ma il continuo aumento dei sequestri dimostra che non è un deterrente sufficiente ad arginare il fenomeno. A nostro avviso servono interventi concreti finalizzati ad attualizzare il concetto della pena e della sua esecuzione ai giorni nostri, alle tecnologie di oggi e all’attuale realtà penitenziaria, fatta – tra l’altro – di detenuti sempre più violenti e noncuranti delle più basiche regole di civiltà. È indispensabile quindi investire sulla formazione del personale nonché sulle dotazioni individuali e di reparto, affinché la Polizia Penitenziaria sia messa nelle migliori condizioni per poter assicurare allo Stato quello che forse è il più importante compito istituzionale affidatogli, cioè garantire l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena, tutelandone la sicurezza, a tutto beneficio della collettività libera”.
L’organizzazione territoriale
Il leader nazionale del primo Sindacato del Corpo informa che è in corso di organizzazione territoriale “un Nucleo di poliziotti penitenziari specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che dissuasiva dei fenomeni di violazione degli spazi penitenziari o di introduzione di materiale illecito di qualsiasi natura. Per altro, i droni si prestano bene alla ricognizione delle aree vicine ad un carcere e possono fornire valido aiuto: pensiamo, ad esempio, in caso di evasione giacché consentono velocemente di rilevare e monitorare ampi spazi senza essere visti. Ovviamente al drone si devono accompagnare strumenti di ultima generazione, ad esempio software in grado di utilizzare i frame dei video mandati alle centrali operative e, soprattutto, una formazione specializzata per il personale.” Per questo l’auspicio del leader nazionale del SAPPE “è che presto anche la Sicilia possa disporre di un numero sufficiente di poliziotti, adeguatamente preparati, formati e specializzati ed esperti nell’utilizzo e nella gestione dei droni sia in ottica preventiva che repressiva”.
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