“Vergogna, l’odio non è un opinione”: questo era il messaggio espresso attraverso uno striscione esposto a capo del corteo degli studenti di Palermo per la valorizzazione dei diritti dei cittadini LGBTQI+.

Una protesta iniziata in piazza Verdi, intorno alle 10.00, e poi proseguita in via Maqueda. A scortare i ragazzi un gruppo delle forze dell’ordine, anche se la manifestazione si è svolta in maniera totalmente pacifica.

Gli studenti accolti dai consiglieri comunali

Il gruppo degli studenti, composto da circa 500 persone, ha terminato il proprio percorso a Palazzo delle Aquile. E proprio in quella che è la casa delle istituzioni cittadine, i consiglieri comunali di Sinistra Comune e Avanti Insieme hanno accolto i manifestanti.

Palermo, sciopero per i diritti civili LGBTQI+Gli esponenti politici, che al momento stanno continuando la loro occupazione di Sala delle Lapidi, come forma di protesta per la mancata approvazione del piano triennale delle opere pubbliche, hanno ascoltato le ragioni degli studenti.

A prendere la parola è stato Fausto Melluso, che ha pronunciato parole di solidarietà e di approvazione verso gli scioperanti. “Siamo in un mondo che, per tantissimo tempo, non ha dato alle persone la possibilità di essere se stesse. Ora questa possibilità la abbiamo, spesso è scritta nella legge. Ma poi nella realtà, nella società, non sempre si riesce a garantirla. Per questo dobbiamo combattere, al di là dei testi normativi, per avere leggi migliori. Per questo vi dico, grazie ragazzi di essere qua.

Cori contro Salvini e Meloni

A motivare lo sciopero degli studenti è stata, principalmente, la mancata approvazione del ddl Zan. Elemento che aveva animato già le file del Palermo pride di qualche settimana fa e che continua a far discutere.

Tanto i cori di disapprovazione verso il mondo politico. Fra i più bersagliati i leader della Lega e di Fratelli d’Italia, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Tanti gli sfottò nei loro confronti rei, secondo i manifestanti, di aver ostacolato il passaggio del disegno di legge sui diritti civili, poi respinto dal Parlamento italiano.

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