Gli operatori della struttura Ben Haukal a Palermo gestita dall’Aias finiti ai domiciliari su provvedimento del gip del tribunale di Palermo Giuliano Castiglia sono i palermitani Salvatore Omezzoli, 48 anni, Salvatore D’Anna, 33 anni, e il bagherese Francesco Restivo, 61 anni, per le palermitane Viviana Lombardo, 28 anni e Anna Zora, 41 anni il gip ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese.

Gli assistiti di un centro per disabili mentali in via Ben Haukal nel quartiere Brancaccio a Palermo venivano sistematicamente picchiati in modo violento e maltrattati anche senza alcun motivo.

I provvedimenti cautelari

Con questa accusa al termine di una indagini i carabinieri hanno eseguito un’ordinanza cautelare ai domiciliari per tre operatori. Per altri due è scattato l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese.  Il personale coinvolto in questa ennesima vicenda di violenza sul luogo di lavoro sono accusati a vario titolo di maltrattamenti contro familiari e conviventi. L’indagine, coordinata dai magistrati della procura, avrebbe svelato che nel centro residenziale per soggetti spastici i pazienti venivano picchiati, sottoposti a continue punizioni fisiche e umiliazioni psicologiche.

Intercettazioni ambientali, audio e video

Le intercettazioni ambientali audio e video, effettuate 24 ore su 24 nella struttura, con la costante presenza di una pattuglia pronta a intervenire, hanno documentato azioni sconcertanti che nulla hanno a che vedere con la mission del centro assistenziale.

Dalle immagini si vede un operatore che prende un disabile che si trova seduto in una poltrona e lo sbatte a terra.  E ancora un’altra operatrice che picchia un giovane che non voleva stare seduto, e ancora un altro dipendente che lancia una sedia contro un ospite.

Le violenze a cui erano sottoposti

In alcuni casi gli assistiti venivano strattonati, spinti sui divani o colpiti con schiaffi così forti da sbattere la faccia al muro. Gli inquirenti, in questi mesi nel corso dell’indagine, hanno assistito ad un sistematico uso della violenza in una struttura che avrebbe dovuto rappresentare per gli ospiti un luogo di assistenza e cura.