Condanne per tutti, a partire dai fratelli Rubino, un solo assolto tra i nove imputati. Si chiude così il processo a un gruppo di estortori che avevano preso di mira i commercianti bengalesi di via Maqueda e di Ballarò, a Palermo, che hanno denunciato gli uomini del pizzo. La sentenza è della terza sezione del Tribunale, che ha accolto la richiesta della Procura, riconoscendo anche le aggravanti dell’odio razziale e dell’agevolazione di Cosa nostra.
Le pene sono state inflitte a Giuseppe Rubino, che ha avuto 13 anni, mentre il fratello Emanuele ne ha avuti 13 e 9 mesi, Santo Rubino ne ha presi 8 e Giacomo tre. A Giovanni Castronovo sono stati dati 7 anni, 6 anni e 6 mesi a Emanuele Campo, 5 ad Alfredo Caruso, 4 a Carlo Fortuna. L’unico assolto è Vincenzo Centineo, per il quale erano stati proposti 8 anni. Le accuse sono di associazione per delinquere semplice e di estorsione con le aggravanti razziali e mafiosa.
I giudici del collegio presieduto da Daniela Vascellaro hanno riconosciuto provvisionali e il diritto al risarcimento del danno, da liquidare in altra sede, alle parti civili costituite, alcuni dei bengalesi, che erano stati appoggiati nelle loro denunce da Addiopizzo, pure parte civile con altre associazioni come il Centro Pio La Torre e il Fai. I commercianti stranieri, soprattutto bengalesi, sarebbero stati sottoposti a costanti angherie e ritorsioni, con continue richieste di denaro. Alcuni di loro sarebbero stati costretti a chiudere prima le loro attività, temendo le incursioni degli imputati nelle ore serali
«Una sentenza senza precedenti: per la prima volta il fenomeno della denuncia collettiva vede coinvolti un cospicuo numero di commercianti di origine straniera, che da tempo vive a Palermo e che abbiamo accompagnato a collaborare e sostenuto dentro e fuori dal processo – dice Addiopizzo – Tre anni fa, alcuni di loro ci contattarono – raccontano – perchè vessati da anni da un gruppo criminale: richieste di denaro, minacce, rapine, furti e aggressioni erano all’ordine del giorno. Ci siamo conosciuti, abbiamo condiviso le loro sofferenze, si è instaurato un rapporto di fiducia ed è iniziato in clandestinità – mentre in via Maqueda si sparava in pieno giorno contro altri cittadini di origine straniera – un percorso di denuncia, che a distanza di tre anni ha portato a una sentenza senza precedenti. Perchè le organizzazioni criminali non discriminano: basano la loro forza anche sul controllo del territorio e sfruttano tutti allo stesso modo, indifferentemente dal colore della pelle o dal passaporto. Nel processo dove nel corso delle udienze non sono mancati momenti di tensione, le vittime che abbiamo accompagnato e supportato hanno testimoniato e raccontato con dignità e compostezza il terrore e le violenze subite».
Conclude Addiopizzo: «In 15 anni di impegno quotidiano abbiamo supportato centinaia di vittime: fatti che hanno segnato la storia recente della città di Palermo, dove il fenomeno estorsivo non è più diffuso come in passato. In questo contesto, un gruppo di commercianti arrivato da lontano, ha preso posizione contro un problema tutto italiano, dimostrando quel coraggio che altri cittadini non sempre hanno avuto. Per questo pensiamo che la scelta di denuncia di questi coraggiosi uomini sia un esempio nei confronti di molti che ancora oggi a Palermo e in altre aree del Paese si piegano alle estorsioni e ai condizionamenti mafiosi. Un’esemplare storia di sinergia tra alcuni commercianti di origine straniera, Addiopizzo, Squadra Mobile e Procura di Palermo. Adesso ci auguriamo che l’intera comunità cittadina e le istituzioni sostengano e proteggano questi nostri fratelli che hanno dato alla città di Palermo e al Paese un significativo esempio di civiltà e cittadinanza».
«Le pesanti condanne inflitte agli esattori del pizzo che erano stati denunciati dai commercianti di origine bengalese del centro cittadino è un fatto storico. Da questi commercianti viene un esempio civile, un esempio di coraggio e di intelligente capacità di rispondere alla violenza mafiosa facendo squadra e unendo le forze», commenta il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
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