“Ci mandano Falcone e Borsellino, lei è prigioniero dello Stato”. Così il generale dei carabinieri Mario Mori si rivolse al boss Totò Riina nel momento dell’arresto, il 15 gennaio del 1993.

Lo ricorda in aula, al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, il legale di Mori che al di dibattimento è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. Il difensore, l’avvocato Basilio milio, sta tenendo l’arringa difensiva davanti alla corte d’assise che celebra il processo. Per Mori, accusato di avere avviato la trattativa proprio con Riina, i pm hanno chiesto 15 anni di carcere.

“A Mario Mori non si perdona di essere persona libera e coraggiosa. Un eccellente ufficiale che nel corso della sua carriera a sventato un attentato terroristico nel 1973, lavorato al fianco di Dalla Chiesa, arrestato Totò Riina”, ha aggiunto il legale. “Mori diventa direttore del Sisde 20 giorni dopo le stragi dell’11 settembre 2001: lo si deve a lui se in quegli anni non è successo niente in Italia. Questo è Mori: un uomo che ha protetto le vite di tutti noi e che, invece, secondo la Procura di Palermo, sarebbe geneticamente portato ad agire in maniera occulta e trasversale”, ha detto Milio.

Articoli correlati