Si terrà questo pomeriggio, alle ore 16, presso l’Istituto Gramsci Siciliano ai Cantieri culturali alla Zisa
di via Paolo Gili 4 a Palermo, la presentazione del libro “GRAMSCI PER LA SCUOLA. CONOSCERE E’ VIVERE”, di Giuseppe Benedetti e Donatella Coccoli (edizioni L’Asino d’oro).

Con il coordinamento di Salvatore Nicosia, alla presentazione interverranno anche (oltre allo stesso Benedetti) Vito Ailara, Piera Fallucca, Enrico Guarneri, Pietro Maltese e Aldo Zanca.

Il volume nasce dalla consapevolezza dell’attualità del pensiero gramsciano, un intellettuale di sinistra coerente nel suo dire e nel suo fare. Nel volume dedicato a Gramsci e al suo pensiero verso il mondo della scuola, un apposito capitolo è anche dedicato a don Lorenzo Milani nonché al periodo del Sessantotto, dove dilaga l’adagio secondo il quale il sapere è per così dire reazionario e “la conoscenza di destra”: un imbarazzo per molti intellettuali di sinistra da cui deriva il dogma secondo cui il “sapere va mitigato”, rendendolo “divertente, anche quando è faticoso”.

Si fa largo, nelle pagine di Benedetti e Coccoli, la consapevolezza, inoltre, che se fosse prevalsa la centralità del messaggio gramsciano – che molte associazioni e fondazioni si occupano tutt’oggi di diffondere – la Scuola italiana non sarebbe quella di oggi.

Davvero questa meravigliosa Istituzione dello Stato continuerebbe a costituire l’ascensore sociale privilegiato grazie al quale superare il divario culturale che, purtroppo, a motivo di una educazione cosiddetta democratica, continua a lasciare la società parcellizzata in caste.

Se fosse prevalso il messaggio di Gramsci, in tema di scuola, essa avrebbe il merito di porre davvero al centro i docenti, con la premessa che un buon docente è la condizione di partenza per una buona scuola. Di cui – a detta degli Autori – si fa un gran parlare nel tempo contemporaneo, con l’amara constatazione che l’odierna retorica allontana gli osservatori e i responsabili dell’agire politico e delle istituzioni dalle concrete esigenze degli stessi studenti.

In questo senso, la scena politica – dominata continuamente dall’emergenza – fa perdere proprio di vista quanto di più programmatico possa esistere nell’azione di governo: strutturare una visione del futuro attraverso la Scuola, nel connubio “educazione”-“istruzione”, tanto caro al filosofo sardo.

Altro tema è infine quello tra intellettuali e popolo (inteso come classi subalterne). Con la premessa che anche il popolo è a sua volta intellettuale (“tutti gli esseri umani sono in grado di comprendere qualunque cosa”), nuovamente nella Scuola cogliamo la finalità ontologica, per così dire, più rivoluzionaria della società: le cose complicate non vanno semplificate, pena il ridurle a sguaiataggine, con l’ulteriore beffa di aver tradito colui che le ha pensate.

E qui, non a caso, lo stesso Gramsci sostiene la bellezza esaltante della conoscenza e il suo “prezzo”: “Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza”.

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