A Palermo un tassista guadagna, in media, un terzo di quello che guadagna un collega del nord. Questo emerge dai dati che vengono raccolti su base fiscale nel codice Ateco “49.32.10 – trasporto con taxi” e che tengono insieme le persone fisiche, società di persone, forfettari, società cooperative e società di capitali.
A Palermo dichiarati al massimo 9800 euro lordi l’anno
Come riporta un articolo de “Il Sole 24 ore”, i redditi annuali lordi dichiarati al fisco tra il 2017 e il 2019 sono inchiodati a poco sopra i 15mila euro, al nord, al mese in media poco più di 1.250 euro lorde al mese. I numeri ballano ma di poco se si pensa che nel 2017 il reddito medio si attestava a 15.196 euro e che nel 2018 diventano 15.828, nel 2019 15.499. Nel 2020 la pandemia si fa sentire: i redditi crollano a 3.770 euro (i dati 2021 sono ancora in fase di elaborazione).
I livelli variano molto da città a città ma sono stabili per singolo Comune nel corso del tempo con l’eccezione del Covid, ovviamente.
Nella Capitale per esempio si va dai 13.282 euro del 2017 ai 12.817 del 2019 passando per 13.843 euro del 2018. A Milano stessa musica: 19.766 euro per il 2017, 20.718 nel 2018 e 19.591 nel 2019. Chi dichiara di più sono i tassisti di Bologna con 20.298 euro nel 2019 che però nel 2017 erano 15.465 euro. I più “poveri” a Napoli: qui si è passati da 3.751 euro del 2017 a 6.275 euro del 2019, la metà di Roma. A Palermo, un massimo di 9800 euro lordi l’anno. Guadagni comunque molto, molto discussi sui social, dove in pochissimi credono a questi numeri.
Il business delle licenze
Nei giorni scorsi nelle principali città italiane c’è stato lo sciopero dei taxi aderenti ai sindacati di base Usb, Orsa e Fast Confsal, che protestano contro l’aumento delle licenze deciso dal governo col dl Asset.
A Roma attesa una protesta sotto il ministero dei trasporti guidato da Matteo Salvini. Il ministro delle Imprese Adolfo Urso nele ultime ore ha definito ‘incomprensibile” la protesta, ricordando come i sindacati avevano dato il loro via libera al decreto quando erano stati convocati dal governo.
Ma i sindacati giudicano negativa la possibilità di rilasciare fino al 20% di nuove licenze, abrogando – affermano – ogni norma che prevede una programmazione territoriale. Per l’Usb” inopportuno è la definizione più elegante” per il decreto.
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