Pino Maniaci nel 2014 denunciò che ignoti avevano ucciso e impiccato i suoi cani, ultima di una serie di intimidazioni subite. “Ora mi devono dare la scorta, ce la giochiamo con la mafia”, diceva il direttore della emittente tv di Partinico Telejato diventato famoso per le sue campagne contro i clan, non sapendo di essere intercettato e tentando di far passare come mafiosa una intimidazione legata a vicende private.

A minacciarlo sarebbe stato infatti il marito dell’amante, circostanza che il giornalista sapeva bene. Maniaci si ritrova ora indagato per estorsione nell’inchiesta dei carabinieri che ha portato all’arresto di dieci mafiosi della provincia di Palermo. Avrebbe preteso denaro e favori – come un contratto per la compagna – dai sindaci di Borgetto e Partinico in cambio di una linea soft della sua televisione sulle attività delle amministrazioni comunali e su relazioni e parentele scomode di alcuni primi cittadini.

Poche centinaia di euro e i riferimenti spiacevoli sarebbero spariti dai servizi di una emittente conosciuta per le sue battaglie antimafia. Le accuse al giornalista che, avendo appreso giorni fa dell’indagine a suo carico si è detto vittima di una vendetta della magistratura per le denunce fatte sulla mala gestione della sezione misure di prevenzione del tribunale, sarebbero confermate dalle vittime.

Intercettazioni e video sarebbero la prova ulteriore delle richieste estorsive del direttore di Telejato La Procura di Palermo che ha coordinato l’inchiesta ha chiesto e ottenuto, per Maniaci, dal gip la misura del divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani.

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Pino Maniaci, il direttore di TeleJato, una piccola tv privata di Partinico (Pa) che ha un vasto pubblico nel corleonese, indagato per favori e mazzette che avrebbe preteso in cambio di una linea informativa soft nei confronti di alcuni amministratori, dopo aver denunciato presunte intimidazioni mafiose (auto bruciata e i suoi cani avvelenati) ricevette anche la telefonata del premier Matteo Renzi, nel dicembre 2014, che gli espresse ”solidarietà, vicinanza e apprezzamento per l’impegno coraggioso contro la mafia e la criminalità organizzata”.

In realtà, sostengono oggi gli investigatori, le minacce e le intimidazioni sarebbero state opera non dei mafiosi ma del marito della donna con cui aveva una relazione. Maniaci, con un passato di condanne per piccoli reati, poco a poco divenne per l’opinione pubblica grazie alle denunce per le intimidazioni e al battage giornalistico che ne seguiva, al suo profilo Wikipedia, alle visite che esponenti politici e istituzionali facevano alla redazione di Telejato, un ”giornalista antimafia”.

Sempre nel dicembre 2014 il vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia, Claudio Fava, andò a Partinico, per portare la solidarietà della commissione a Maniaci che – disse – ”è l’esempio del giornalismo che non si piega e non si arrende”. Anche il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, espresse il suo pensiero sull’uccisione dei cani di Maniaci dicendo ”è l’ultimo esempio di quello che può succedere quando i giornalisti fanno il loro dovere e fanno informazione fino in fondo, senza riserve e senza condizionamenti”.

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