Ho sentito alla radio una storiella molto carina; si trattava di una parodia sull’uso, anzi, sull’abuso che facciamo dei social network. Parlava di un uomo che, non avendo computer e pertanto, non potendo avere un account facebook, decideva di farsene uno proprio, applicando alla vita quotidiana le modalità di utilizzo di facebook. Per questo motivo andava per strada e, nel quartiere dove abitava, cominciava a distribuire fotografie della moglie, della festa di compleanno del figlio, del proprio cane, degli amici, di sé al lavoro, allo stadio, al mare, in montagna e via dicendo. Eppoi iniziava a fermare i passanti ed a comunicare che in ufficio la vita era monotona, che aspettava da tempo una promozione che non giungeva, che stava organizzandosi un bel viaggio per l’estate, che la sera precedente la moglie gli aveva cucinano il suo piatto preferito, mentre quella successiva sarebbe andato al ristorante, per cui chiedeva agli sconosciuti che incontrava di consigliargliene uno. Quindi, iniziava pure a giudicare quello gli altri passanti facevano per strada, avvicinandosi e dicendo loro “mi piace” nel  vederli passeggiare il cane, fare joking, fare colazione al bar, ecc.

Alla fine della giornata, concludeva la storiella, aveva conquistato 5 follower, ossia 5 persone che lo seguivano: due carabinieri, uno psicologo, uno psichiatra ed un infermiere incaricato dall’ospedale di ricoverarlo per un TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio.

La morale della storiella è tanto semplice quanto vera: sui social network ci comportiamo facendo cose che, nella vita comune, risulterebbero assurde. Dunque occorre non dare eccessiva importanza ai social.

Eppure – riportando la morale alle dovute considerazioni – i social network ormai sono una realtà importante della vita comune. Ci sono politici che hanno basato la loro fortuna sul Web e sui social, a cominciare da  Barack Obama che, notoriamente, grazie ad un sapiente uso di internet e di facebook, è stato il primo afro-americano a superare la soglia della Casa Bianca e diventare l’uomo più potente del mondo.

Anche in Italia l’uso sapiente del Web ha portato fortuna in politica. A tutti è noto che il M5S deve il proprio affermarsi ai social.

Le recenti vicende sulla diffusione abusiva dei dati di facebook, mediante la violazione dei profili di milioni di utenti da parte della società Cambridge Analytica – cui si era rivolto (così si ha riportato la stampa) pure Trump, in occasione dell’ultima campagna elettorale, al fine di influenzare ed orientare inconsapevolmente gli elettori americani contro la sua concorrente alle presidenziali – ci inducono a meditare che, magari, i social non sono così innocui come la storiella dell’uomo che si costruisce un facebookimmaginario ci porterebbe a pensare, in quanto essi sono in grado di influenzare la nostra vita, condizionare le nostre scelte, stimolare i nostri ragionamenti, determinare le nostre condotte e persino orientare le opinioni, sia politiche che di altro genere.

L’inventore di facebook, Mark Zuckerberg, persona acuta e capace di guardare lontano, il 25 marzo ha pubblicato una lettera sui quotidiani britannici e americani, per scusarsi di aver “tradito la fiducia” degli utenti, in relazione alla vicenda Cambridge Analytica, la società di consulenza politica che ha diffuso abusivamente i dati.

Zuckerberg, furbamente, ha preferito fare mea culpa, piuttosto che scaricare la responsabilità – come sarebbe stato più semplice e forse per lui più economico – sulla società che aveva materialmente commesso l’abuso, assicurando che non consentirà più, in futuro, la violazione dei dati riservati.

 L’ammissione di responsabilità di Zuckerberg, tuttavia, non risolve il problema, costituito oggi dal campo di scontro senza regole che è facebook, dove chi grida più forte, chi la dice più grossa, chi inventa la fake più convincente prevale sugli altri, dove il turpiloquio, gli insulti, i tentavi di condizionamento, di induzione, di subliminale influenzamento sono la regola in un contesto senza regole.

Allora i casi sono due: o impariamo a rapportarci in modo differente con i social, impresa affatto semplice perché le abitudini, una volta prese, sono molto difficili da abbandonare, oppure devono fissarsi regole chiare ed inderogabili nell’uso dei social network. Il rischio, altrimenti, è il degrado senza fine della società.

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