Resta in carcere Francesco Arcuri, arrestato a marzo per l’omicidio del penalista Enzo Fragalà, ucciso a Palermo sette anni fa, a bastonate, all’uscita dal suo studio.

Dopo aver respinto l’istanza di scarcerazione di altri due indagati, Paolo Cocco e Francesco Castronovo, ritenuti dalla Procura gli esecutori materiali del delitto, la corte d’assise che celebrerà il processo per l’assassinio del penalista, ha rigettato anche la richiesta di Arcuri che, per gli inquirenti, sarebbe stato tra i mandanti.

Alla base della richiesta del legale di Arcuri c’erano le dichiarazioni di Antonino Siragusa. Pure lui tra gli indagati, dopo l’arresto, Siragusa ha mostrato la volontà di collaborare con gli inquirenti e ha smentito quanto dichiarato dal pentito Francesco Chiarello.

E proprio i contrasti tra le rivelazioni di Chiarello e quelle di Siragusa, aspirante collaboratore di giustizia, erano alla base della richiesta dei legali di Arcuri.

Nella sua decisione, però, la corte d’assise mostra, anche alla luce delle indagini fatte dai pm per riscontrarne il racconto, di non ritenere attendibile Siragusa.

Secondo la Procura dietro al delitto ci sarebbe dunque Cosa nostra che avrebbe voluto dare una lezione al penalista “colpevole” di avere indotto alcuni suoi clienti a collaborare con gli inquirenti.

Antonino Siragusa, in carcere con l’accusa dell’omicidio del penalista Enzo Fragalà, non è attendibile. E’ la conclusione della Procura di Palermo sulla credibilità del dichiarante che è stato arrestato nei mesi scorsi per il delitto, insieme ad altre cinque persone. Siragusa, che da alcune settimane rende dichiarazioni ai pm, fornisce una ricostruzione del pestaggio, poi sfociato nel brutale assassinio, completamente diversa da quella del pentito Francesco Chiarello.

In una memoria di 16 pagine le pm Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, che proprio grazie ai racconti di Chiarello hanno riaperto l’indagine, hanno analizzato punto per punto le dichiarazioni di Siragusa arrivando alla conclusione, in seguito a nuovi accertamenti, che non sono riscontrate.

Tra le cose dette dal dichiarante e smentite dalle nuove indagini c’è quella relativa all’arma del delitto: una mazza che, secondo Siragusa, i killer avrebbero bruciato dopo l’omicidio in un cassonetto della spazzatura in via La Farina, nel centro di Palermo.

L’indagato ha sostenuto che un poliziotto di scorta dell’ex presidente del senato Schifani avrebbe assistito alla scena. Le indagini hanno accertato che la scorta del politico non era presente nell’ora indicata da Siragusa e che l’agente del posto fisso non ha fatto alcuna relazione di servizio sul fatto.

Per la Procura anche la tempistica degli spostamenti dei killer indicati da Siragusa, Antonino Abbate e Francesco Ingrassia non sarebbe verosimile.

Ma quali sono i punti in cui le ricostruzioni del pentito Chiarello e del dichiarante Siragusa divergono?

Secondo Chiarello, che racconta di aver preso parte solo alla fase preparatoria dell’omicidio, ad uccidere Fragalà sarebbero stati Francesco Arcuri, che avrebbe organizzato l’aggressione su ordine del boss di Porta Nuova Gregorio Di Giovanni (mai arrestato perché non ci sarebbero elementi sufficienti a suo carico), Antonino Abbate, Siragusa e Salvatore Ingrassia. Abbate, Siragusa e Ingrassia avrebbero atteso fuori dallo studio il penalista, l’avrebbero immobilizzato e pestato, Francesco Castronovo e Paolo Cocco invece, probabilmente sotto effetto di droga, l’avrebbero preso a bastonate spaccandogli il cranio.

Il legale, da subito apparso gravissimo, è morto dopo tre giorni di coma. Siragusa, invece, arriva a sostenere che Cocco e Castronovo non avrebbero partecipato all’agguato e discolpa pure Arcuri.

L’aspirante pentito, inoltre, sfuma il suo ruolo nel delitto sostenendo di essersi limitato a recuperare la mazza usata dai killer e avere chiamato allo studio del penalista per chiedere a che ora sarebbe uscito. Al pestaggio non avrebbe partecipato, rimanendo in auto.

I killer nella versione di Siragusa sarebbero Abbate e Ingrassia. Contro la ricostruzione del dichiarante, però, c’è una intercettazione chiave per i pm, quella in cui Cocco, non sapendo di essere ascoltato, dice alla moglie: “Per il fatto dell’omicidio può essere che poi mi vengono a cercare? Che c’ero pure io esce?”.

Mentre Siragusa sostiene di aver saputo particolari del delitto per avervi preso parte, Chiarello avrebbe appreso della dinamica a Ingrassia e da Castronovo, suo intimo amico, che la sera dell’aggressione sarebbe andato a casa sua con i vestiti sporchi di sangue confessando tutto.

Infine mentre Chiarello sostiene che della mazza usata per il pestaggio si sarebbero disfatti Ingrassia e Siragusa rivolgendosi a una persona che vende pedane vicino all’Ucciardone, Siragusa dice che sarebbe stata bruciata in un cassonetto di via La Farina.