Presentato ieri alla Casa Bianca il bioreattore per la generazione di cartilagine e osso ingegnerizzati ideato dall’italiano Riccardo Gottardi della Fondazione Ri.MED: questo innovativo modello in vitro potrà essere utilizzato a scopi di ricerca medico-scientifica sulla Stazione Spaziale Internazionale.
A Washington D.C., alla leggendaria Casa Bianca, il ricercatore Riccardo Gottardi ha preso parte ieri alla presentazione del bioreattore che ha ideato nei laboratori dell’Università di Pittsburgh diretti dal Prof. Rocky Tuan, dove attualmente Riccardo lavora grazie alla borsa di studio della Fondazione Ri.MED.
Il progetto, presentato per la prima volta negli USA in marzo, ha vinto un bando indetto da CASIS-Center for the Advancement of Science In Space, ente spin-off della NASA, aggiudicandosi l’incredibile opportunità di essere protagonista delle prossime ricerche scientifiche condotte sulla International Space Station. Si tratta di una stazione spaziale dedicata alla ricerca scientifica, con due principali obiettivi: il primo, come definito dalla NASA, è quello di sviluppare e testare tecnologie per l’esplorazione spaziale, ovvero tecnologie in grado di rendere sopportabili le condizioni vitali di un equipaggio in missioni oltre l’orbita terrestre, e acquisire esperienze operative per voli spaziali di lunga durata (ad esempio l’ipotetico viaggio sul pianeta Marte, che dovrebbe durare circa sei mesi). Il secondo obiettivo, con ricadute immediatamente tangibili sulla Terra e sulla salute dei cittadini, è fungere da laboratorio di ricerca in ambiente di microgravità: studi per la validazione dell’efficacia di farmaci e terapie che sulla Terra richiederebbero anni, possono essere osservati nello spazio in un arco temporale di qualche decina di giorni, questo perché in assenza di gravità i processi degenerativi subiscono una fortissima accelerazione. Nel caso del modello ideato da Gottardi, ciò significherebbe poter testare in un solo mese gli effetti a lungo termine dei bisfosfonati su ossa e cartilagine.
Il bioreattore di Riccardo Gottardi permette di comprendere l’interazione tra i tessuti delle articolazioni e di sviluppare quindi nuovi trattamenti utili a bloccare o far regredire il decorso di patologie degenerative come l’osteoartrosi e l’osteoporosi. Uno dei principali ostacoli nella comprensione dei meccanismi della malattia e nella ricerca di farmaci che possano ripristinare la cartilagine, è infatti che quest’ultima interagisce con altri tessuti dell’articolazione – in particolare con l’osso – e non può essere analizzata separatamente. Il bioreattore ricrea un ambiente fisiologico, un insieme di ossa e tessuti vascolarizzati in cui si osservano, non solo gli effetti sulla cartilagine e sulle ossa, ma anche gli effetti della reciproca interazione: come reagisce l’osso quando la cartilagine è danneggiata e viceversa.
Il nostro programma, spiega il Dr. Gottardi, è piaciuto a CASIS perché l’osteoporosi è uno dei principali problemi connessi alla permanenza nello spazio: anche in soggetti perfettamente sani, quali sono tipicamente gli astronauti, in assenza di gravità si è osservata una rapida e significativa perdita di tessuto osseo, con gravi rischi di fratture e problemi di circolazione se gli astronauti dovessero affrontare un lungo viaggio interplanetario. Il bioreattore inoltre è di piccole dimensioni, caratteristica che lo rende utile all’invio nello spazio. Si pensi poi – soprattutto – alle ricadute per le applicazioni in ambito clinico sulla Terra: osteoporosi e osteoatrite affliggono centinaia di milioni di persone; il dolore provocato dall’osteoartite tende a cronicizzare e può risultare invalidante, con un impatto devastante sulla vita dei pazienti. Se riuscissimo in un paio di mesi a validare gli effetti a lungo termine di farmaci e terapie, potremmo fare un incredibile balzo in avanti nella ricerca, aiutare moltissimi pazienti e ridurre drasticamente i costi sociali legati alla malattia.”
Naturalmente sono eccitato per l’emozione “fantascientifica” del viaggio nello spazio, ma soprattutto sono felice per aver intrapreso una strada che possa rapidamente traslare la ricerca all’applicazione clinica: vorrei contribuire al miglioramento del trattamento per i pazienti che, come i miei genitori, soffrono e sperimentano gli effetti invalidanti della malattia. Ringrazio Ri.MED per aver supportato la mia ricerca.
Entusiasta il direttore generale della Fondazione Ri.MED, il Dr. Alessandro Padova: “Risultati come questo delineano lo spessore della ricerca condotta da Ri.MED, fondazione non profit pubblico-privata istituita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie a partner quali CNR e UPMC, alle strategiche collaborazioni internazionali e all’accurata selezione dei più promettenti ricercatori, siamo in grado già ora di produrre proprietà intellettuale, brevetti e vere e proprie rivoluzioni nella traslazione clinica dei risultati scientifici. I miei complimenti a Riccardo, che sta sviluppando una progettualità di medicina rigenerativa dirompente, a cui potrà dare massima propulsione nel centro di ricerca Ri.MED di prossima realizzazione in Sicilia.
CASIS finanzierà dunque la preparazione del bioreattore per il suo invio nello spazio, adattandolo per funzionare perfettamente anche in assenza di gravità, e cercherà subito ulteriori finanziatori per aiutare a sostenere i costi della missione. Una volta che il bioreattore avrà raggiunto la stazione spaziale, i campioni di tessuto nativo ed ingegnerizzato saranno trattati con bisfosfonati e sarà possibile confermare il loro potenziale ruolo protettivo nei confronti di riassorbimento osseo in condizioni di microgravità, valutarne gli effetti su tessuto osseo e cartilagine e stabilire le funzionalità di terapie farmacologiche ad hoc: passi da gigante per la medicina personalizzata e per lo sviluppo di tecnologie per l’ingegneria dei tessuti.
Riccardo Gottardi si è laureato in Fisica all’Università di Pisa nel 2003, con una tesi sulla caratterizzazione della batteriorodopsina. Dal 2004 al 2007 ha svolto il dottorato di ricerca tra il Dipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica dell’Università di Genova (supervisore: Prof. Ing. Roberto Raiteri) e il Biozentrum di Basilea in Svizzera (supervisori: Prof. Ueli Aebi e dr. Martin Stolz) nell’ambito di un progetto collaborativo. Il focus della tesi è stato la validazione del microscopio a forza atomica come strumento per la caratterizzazione micro e nanomeccanica della cartilagine articolare a fine diagnostico. Dopo il dottorato ha continuato a lavorare all’Università di Genova sviluppando nuove metodologie per lo studio delle proprietà strutturali e micro- e nanomeccaniche di cellule e tessuti.
Dal 2011 è Ri.MED supported scientist presso l’Università di Pittsburgh dove lavora nel Center for Cellular and Molecular Engineering al McGowan Institute of Regenerative Medicine (supervisore: dr. Rocky S. Tuan) e nei Little Laboratories della Scuola di Ingegneria (supervisore: dr. Steven R. Little). Quando il Centro di Ricerche per le Biotecnologie e la Ricerca Biomedica della Fondazione Ri.MED sarà operativo, Riccardo vi si trasferirà in qualità di principal investigator.
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