La Polizia di Stato ha sequestrato beni per 200 mila euro a Gaetano Ciaramitaro, 47 anni. Il provvedimento dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo presieduto da Giacomo Montalbano  (a latere Stefania Brambille e  Vincenzo Liotta) ha accolto la proposta avanzata dal Procuratore Aggiunto Bernardo Petralia.

I sigilli sono scattati alla macelleria “Toni Ciaramitaro”, che si trova nel quartiere la “Marinella” in via Emilio Salgari 5. Gaetano Ciaramitaro ritenuto il capo mafia della “Marinella”, è stato arrestato per furto, resistenza a pubblico ufficiale., ricettazione, rapina aggravata, truffa aggravata, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti.

Il 23 giugno 2014 è stato arrestato, nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Apocalisse”, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso e detenzione e traffico di sostanze stupefacenti.

Nell’ambito della vasta indagine condotta dalla Squadra Mobile di Palermo era emerso come Ciaramitaro organizzava e gestiva per conto della famiglia mafiosa le attività estorsive e curando, in particolare, anche il reinvestimento del denaro frutto delle illecite attività.

E’ stato, tra l’altro documentato, come partecipasse ad incontri e summit di mafia con Vito Galatolo della famiglia mafiosa dell’Acquasanta, con Onofrio Terracchio e  Paolo Lo Iacono della famiglia mafiosa di Pallavicino – Zen. Con il figlio Antonino, anch’esso tratto in arresto nella medesima operazione, ha, inoltre, coordinato e gestito il traffico di stupefacenti nel quartiere di sua competenza.

Il 13 aprile di quest’anno il Gip del Tribunale di Palermo ha condannato Ciaramitaro alla pena di anni 10 di reclusione.

Anche il figlio, Antonino Ciaramitaro, formale intestatario dell’attività commerciale, sempre nel processo scaturito dall’operazione “Apocalisse”, è stato condannato dal Gip del Tribunale di Palermo alla pena di anni 6 di reclusione, perché riconosciuto colpevole del reato di produzione e traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dall’aver agevolato l’organizzazione mafiosa.

Gli accertamenti patrimoniali hanno dimostrato che padre e figlio non disponevano di entrate lecite e sufficienti per l’acquisto dei beni sequestrati dal Tribunale di Palermo.