Una lussuosa villa a Favignana e beni per cinque milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del comando provinciale di Palermo a quattro indagati nell’operazione All In accusati di favorire il controllo di cosa nostra nel settore del gioco e delle scommesse.

Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal gip del tribunale nei confronti di Francesco Paolo Maniscalco, 58 anni, Salvatore Rubino, 60 anni, Vincenzo Fiore, 43 anni e Christian Tortora 45 anni.

I quattro sono indagati per la partecipazione e il concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso “Cosa nostra” e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità di aver favorito le articolazioni mafiose cittadine. Le indagini sono state, coordinate dal procuratore aggiunto della Dda Salvatore De Luca.

Sono stati sequestrati 3 immobili, tra i quali una villa di particolare pregio, nell’isola di Favignana; imprese e quote di capitale di 10 società, con sede nelle province di Roma, Salerno e Palermo, tra le quali un ristorante nel capoluogo siciliano, autoveicoli e motocicli.

I sequestri patrimoniali costituiscono il completamento dell’operazione “All In” con la quale gli specialisti antimafia del Gico del nucleo di polizia economico – finanziaria di Palermo, diretti dal colonnello Gianluca Angelini,   avrebbero accertato l’infiltrazione di cosa nostra nel settore economico della gestione dei giochi e delle scommesse sportive.

Secondo le indagini l’organizzazione criminale aveva acquisito la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l’esercizio della raccolta delle scommesse, fino alla creazione di un “impero economico” costituito da imprese, giunte nel tempo a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro, formalmente che sarebbero state intestate a “prestanome” ma, di fatto, facevano capo alle figure centrali di Francesco Paolo Maniscalco, già condannato perché accusato di fare parte della famiglia di Palermo Centro, e di Salvatore Rubino che ha messo a disposizione la propria abilità imprenditoriale per riciclare denaro di origine illecita e, al contempo, di esercitare un concreto potere di gestione e imposizione sulla rete di raccolta delle scommesse.

Nel corso dell’indagine lo scorso giugno del 2020, il gip aveva firmato 10 misure cautelari tra cui Maniscalco, Rubino, Fiore e Tortora. Era scattato il  sequestro preventivo di 8 “imprese” che avevano nel tempo acquisito e detenuto le concessioni statali rilasciate dall’agenzia delle dogane e dei monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive.

A novembre dello scorso anno in un secondo filone dell’inchiesta sono state disarticolare due distinte associazioni a delinquere, parallele, ma entrambe che sarebbero state dirette da Salvatore Rubino, che gestivano la raccolta illegale delle scommesse, attraverso l’utilizzo delle  “piattaforme .com”, fuori dalla concessione statale, ed erano in grado di generare volumi di giocate di almeno 2,5 milioni di euro al mese. Il gip allora aveva emesso un’ordinanza con misure cautelari nei confronti di 15 soggetti indagati a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata e all’esercizio abusivo dell’attività di giochi e scommesse e il sequestro preventivo di sei corner, agenzie scommesse, in Sicilia e Campania.

L’operazione odierna scaturisce da una sistematica attività di approfondimento economico – finanziario svolta dai finanzieri del G.I.C.O. di Palermo, in stretta collaborazione con la locale Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno proceduto a valorizzare in chiave patrimoniale gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, attraverso l’esame, il confronto e l’incrocio di informazioni estratte dalle diverse banche dati in uso alla Guardia di Finanza, accertando l’assoluta sproporzione tra i beni nella disponibilità degli indagati, ulteriori rispetto a quelli già sequestrati lo scorso anno, e la loro capacità economica, circostanza che – unitamente alle altre evidenze investigative – ha portato il Tribunale a ritenere il patrimonio ricostruito quale frutto delle attività illecite o reimpiego dei relativi proventi.

Nello specifico, gli accertamenti – condotti anche con il noto applicativo “molecola” in dotazione ai Reparti investigativi della Guardia di Finanza – hanno portato a dimostrare che gli indagati e i rispettivi nuclei familiari, nell’ultimo decennio, non avevano dichiarato redditi leciti o altre forme di finanziamento capaci di “giustificare” le spese e gli acquisti nel tempo sostenuti.

Continua incessante l’impegno della Guardia di Finanza e dell’Autorità Giudiziaria palermitana volto ad aggredire i patrimoni illecitamente accumulati dalle consorterie criminali, contrastando ogni forma di indebito arricchimento connesso alla disponibilità di capitali non giustificati, liberando l’economia legale da indebite infiltrazioni della criminalità, a tutela dei cittadini e degli operatori economici onesti.

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