La Polizia di Stato ha sequestrato beni per 150 mila euro a Giuseppe Di Fatta, 47 anni accusato di associazione mafiosa ed estorsione.
Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo. I sigilli sono scattati ad un’impresa del settore del commercio di intimo e corredi, un autovettura e una noto.
Per Di Fatta è stata richiesta anche l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, era stato arrestato nel 1989 per favoreggiamento personale nei confronti di rapinatori che hanno messo a segno un colpo ad n gioielliere a Ciminna e condannato nel 1997 per il reato di ricettazione e abusiva riproduzione di opere cinematografiche.
Lo scorso 20 luglio Giuseppe Di Fatta era stato arrestato nel corso di un’operazione della squadra mobile di Palermo accusato di associazione mafiosa ed estorsione.
I collaboratori di giustizia Francesco Paolo Marino e Salvatore Sollima hanno confermato il ruolo di Di Fatta nella famiglia mafiosa di Brancaccio.
Le indagini patrimoniali condotte dai poliziotti dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Divisione Anticrimine della Questura di Palermo su Di Fatta e sul proprio nucleo familiare hanno consentito di verificare che i i redditi dichiarati sono di modesta entità tanto da non giustificare gli acquisti di veicoli e l’avviamento dell’impresa da parte della moglie.
Il legale di Giuseppe Di Fatta, l’avvocato Riccardo Bellotta, precisa che il suo cliente è incensurato. “E’ stato infatti assolto in via definitiva – ha spiegato Bellotta – dall’accusa di favoreggiamento personale nei confronti di rapinatori che hanno messo a segno un colpo ad un gioielliere a Ciminna. In più, non è mai stato condannato per ricettazione e abusiva riproduzione di opere cinematografiche”.
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