Il documento della direzione centrale Polizia Criminale nell’ambito delle attività del centro di coordinamento per la sicurezza dei giornalisti presso il Ministero dell’Interno, disegna una situazione di grave insicurezza caratterizzata da aggressioni e minacce nei confronti di chi fa informazione.

La situazione in Sicilia

La Criminalpol conferma che tra le regioni più pericolose per gli operatori dell’informazione ci sono il Lazio, la Lombardia e la Campania; seguono Calabria, Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia (al settimo posto con cinque episodi consumati). Le province in cui è stato rilevato il maggior numero di episodi sono Roma (con sedici episodi) e Napoli (sette episodi), seguite da Cosenza e Milano con cinque eventi ciascuna e Torino (quattro eventi). Palermo è al sesto posto con tre episodi (era uno nel 2024)
In tutto sedici le regioni dove si sono verificate le intimidazioni, con le prime sette regioni che hanno fatto registrare l’81,5% del totale delle intimidazioni.

     

I dati della Polizia criminale

Il report viene periodicamente realizzato dalla Direzione Centrale Polizia Criminale (Criminalpol) nell’ambito delle attività del Centro di Coordinamento per la Sicurezza dei giornalisti presso il Ministero dell’Interno, un organismo interforze che vede insieme varie specialità della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza (tra cui Digos e Polizia Postale) ed a cui partecipano attivamente l’Ordine nazionale dei giornalisti e la Fnsi. In base alla relazione sono ottantuno gli episodi di intimidazioni nei confronti di giornalisti censiti nel primo semestre del 2025, un aumento del 76% rispetto ai quarantasei episodi dello stesso periodo del 2024. Di questi, quaranta sono riconducibili a contesti socio/politici, ventotto a contesti di criminalità comune, undici a contesti di criminalità organizzata e due ad altri contesti. Degli ottantuno atti intimidatori trentuno i casi di intimidazione perpetrati via web. Gli altri modus operandi più utilizzati sono stati scritte ingiuriose/minacciose: diciotto (sei nel 2024); aggressioni fisiche: sedici (sette nel 2024); minacce verbali: dodici (otto nel 2024); danneggiamenti quattro, (dieci nel 2024). Venti sono invece gli episodi che hanno riguardato le giornaliste nei primi sei mesi del 2025; quarantasei quelli di cui sono stati vittime colleghi uomini, mentre quindici sono stati i casi registrati contro redazioni giornalistiche, troupe non meglio specificate o relativi a minacce generiche rivolte alla figura del giornalista (ad esempio striscioni esposti durante eventi sportivi).

Un attacco alla democrazia: condanna unanime

Una informazione libera è uno dei pilastri di ogni democrazia e oggi è più che mai sotto assedio. I dati diffusi dal Ministero dell’Interno e dal centro di coordinamento per la sicurezza dei giornalisti parlano chiaro. Queste cifre non sono semplici statistiche, ma il riflesso di un clima sempre più ostile verso chi esercita il diritto-dovere di informare. L’attentato del 16 ottobre contro il giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ha scosso profondamente l’opinione pubblica. L’esplosione dell’auto davanti alla sua abitazione non è solo un atto criminale ma un attacco diretto alla libertà di stampa. “Colpita non è solo la persona, ma l’intero sistema democratico”, ha dichiarato il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. La Commissione Europea ha espresso ferma condanna: “Intimidazioni e molestie contro i giornalisti non hanno posto in Europa. I cronisti devono poter svolgere il loro lavoro in sicurezza, liberi da minacce e attacchi”. Le intimidazioni non possono diventare normalità. Ogni minaccia contro un giornalista è una ferita alla democrazia. Servono misure concrete, protezioni efficaci e una mobilitazione civile per difendere il diritto all’informazione, perché senza stampa libera, nessuna società può dirsi davvero libera.