Un omaggio appassionato ai grandi classici di ieri e di oggi della musica nera, agli artisti che hanno reso popolari nel mondo quelle canzoni ed alle etichette, tra cui le storiche Atlantic, Stax e Tamla-Motown, che ne sono state testimoni, per il concerto che vede protagonisti l’Orchestra Jazz Siciliana, diretta dal resident conductor, Domenico Riina e la voce scura e sanguigna di Anna Bonomolo. Sul palco del Real Teatro Santa Cecilia inserito nella stagione concertistica della Fondazione The Brass Group, “Soulful”, sabato 24 febbraio, in un doppio spettacolo alle ore 20.30 e 22.15.

«Soulful è uno spettacolo ispirato al grande soul, dalla sua nascita all’evoluzione più recente – dice Anna Bonomolo – Il repertorio è un tributo doveroso a quegli interpreti che sono stati vere e proprie pietre miliari del genere, come Sam Cooke, Dinah Washington, Stevie Wonder, Donny Hathaway, Marvin Gaye, Etta James, Otis Redding, senza dimenticare l’attualità di artisti come Amy Winehouse o Paolo Nutini o, ancora, alcuni noti capolavori di Hoagy Carmichael, Sting ed Henry Mancini che ben si prestano a rielaborazioni in chiave soul.

“Soulful” è il modo in cui ci si esprime, è una maniera particolare di appoggiare le note e lasciarsi andare; e poiché sono tutte canzoni che appartengono al mio vissuto, credo proprio che mi lascerò andare come non mai al flusso stordente di emozioni da condividere col pubblico». Gli arrangiamenti dei brani sono dovuti in larga parte alla penna di Ninni Pedone. In alcuni momenti, sul palco interverrà anche l’attrice Stefania Blandeburgo per sottolineare con inserti recitati i testi di qualche canzone o per raccontare storie di donne.
Ricordiamo a proposito di jazz e blues che all’inizio della loro storia, sul finire dell’Ottocento, la giovane industria discografica era alquanto restia a concedere spazio a nuove espressioni musicali, specie quelle legate prevalentemente alla creatività di artisti neri. Ai nuovi linguaggi, tutt’al più, veniva concessa ospitalità in esitanti edizioni sperimentali volte a sondare il mercato potenziale (le cosiddette collane “race records”).

Infatti, bisognerà aspettare fino al 1917 perché fosse pubblicato il primo disco di jazz e, addirittura, il 1920 per quello di blues. Pochi decenni dopo, paradossalmente, la musica nera e le sue evoluzioni avrebbero ottenuto una clamorosa rivincita e, attraverso alcune etichette discografiche, avrebbero finito per egemonizzare prima il mercato americano e poi quello internazionale.

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