In questi giorni la Regione siciliana discute una variante urbanistica proposta per realizzare a Palermo, nel quartiere ZEN, in area tutelata, un Hotspot della capienza di circa 400 posti. Sembrerebbe che tale decisione sia nata da una dichiarazione di disponibilità del Comune di Palermo – si deve immaginare del sindaco, Leoluca Orlando – alla realizzazione di un centro di prima accoglienza per migranti”.

Lo dice Nadia Spallitta, avvocato, già vice presidente del Consiglio comunale di Palermo.

“Infatti – dice sempre Nadia Spallitta – in occasione di un’audizione del capo dipartimento per l’Immigrazione, Gerarda Pantalone, svolta presso la commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, lo stesso capo dipartimento ha dichiarato che il Comune di Palermo ha dato la disponibilità di realizzare un Hotspot per 150 posti. Dalla lettura della complessiva audizione emerge con chiarezza che, fatti salvi alcuni siti prescelti per la loro vicinanza agli sbarchi di migranti (Lampedusa, Trapani, Pozzallo, Taranto e Messina), l’ulteriore creazione di centri di prima e di seconda accoglienza deriva da un’adesione volontaria dei Comuni attraverso un percorso che coinvolge l’ANCI e le Regioni”.

“In altri termini – prosegue Nadia Spallitta – senza la reale volontà delle amministrazioni locali non si possono imporre né Hotspot, né Centri Sprar. Tra l’altro, l’orientamento normativo è quello di evitare un’eccessiva concentrazione di migranti nelle città metropolitane che già ne ospitano parecchi come, ad esempio, Palermo. Ricordo che sia la realizzazione, sia la gestione dei centri di accoglienza vengono sostanzialmente finanziati dallo Stato. Ciò significa che dietro questi centri – conclude Nadia Spallitta – ci sono anche grandi interessi economici. Se così stanno le cose, sembra difficile credere alle parole del sindaco quando dice di non volere l’Hotspot a Palermo, perché ha a disposizione tutti gli strumenti, giuridici e politici, unitamente alla Regione, per evitare che questo avvenga”.