Sarebbero state comunicate sui sistemi di messagistica le decisioni di uccidere Antonella Salamone e i due figli Kevin ed Emanuel, le vittime della strage di Altavilla Milicia. E quanto emerge dalle indagini condotte dai carabinieri e dai periti della procura che hanno scandagliato i cellulari delle vittime e degli imputati, Sabrina Fina, Massimo Carandente, Giovanni Barreca e la figlia di 17 anni.
La morte di Emmanuel Barreca, cinque anni, era seguita ad atroci torture “purificatorie”, per “liberare” il bambino dai demoni ed era stata annunciata in un messaggio che Massimo Carandente, uno degli imputati della strage di Altavilla Milicia (Palermo) aveva inviato a una serie di contatti su Facebook e Messenger.
Nessuno dei destinatari aveva denunciato le follie che emergevano da quelle comunicazioni: è quanto emerso dagli atti del processo in corso davanti alla corte d’assise di Palermo. “Pace, fratello – scriveva il ‘santone’ – purtroppo Satana, Jezebel, lo spirito della morte, incredulità e oltre 4 mila demoni, una legione, si sono portati prima la moglie e poi il bambino”, con riferimento ad Antonella Salamone e, appunto, a Emmanuel Barreca.
“Ma il Signore – proseguiva il messaggio – e’ pronto a fare il miracolo e a resuscitare il bambino di 5 anni di nome Emmanuel, ma bisogna credere”. In un audio su Messenger, rivolto a un’altra persona, Carandente aveva spiegato che la donna era finita all’inferno “perché non ha creduto”, mentre il bambino era certamente “in paradiso”. Nell’eccidio aveva perso la vita anche Kevin Barreca, 16 anni: alla sua morte avevano dato un contributo il padre, Giovanni Barreca, e la sorella piu’ grande, minorenne all’epoca dei fatti e già condannata a 12 anni e 8 mesi.
“A morte”, su WhatsApp decisa la ‘sentenza’
Il 3 febbraio 2024, alle 18,32, Sabrina Fina scrisse un WhatsApp lapidario al suo compagno Massimo Carandente: “A morte!”. Fu quella, secondo gli inquirenti, la pronuncia della sentenza che nel giro di qualche giorno, dopo atroci torture e sofferenze, avrebbe portato alla strage di Altavilla Milicia (Palermo): vittime Antonella Salamone, di 40 anni, e i suoi due figli minori, Kevin Barreca di 16 anni e Emmanuel, di soli 5 anni.
E’ quanto emerge dagli atti depositati nel processo, in corso in corte d’assise, a Palermo. Madre e figli, secondo i due esaltati appartenenti a una sorta di setta, sarebbero stati posseduti dai demoni e, per scacciarli, Fina e Carandente si sarebbero letteralmente insediati per giorni e giorni a casa della famiglia di Giovanni Barreca, un imbianchino con una vocazione parareligiosa, anche lui fanatico ma perfettamente capace di intendere e di volere, come hanno stabilito i periti nominati dai giudici.
Con la complicità del padrone di casa e della figlia più grande di lui (che delle persone assassinate erano marito e padre lui, figlia e sorella lei), Fina e Carandente, ritenuti “fratelli di Dio”, avrebbero svolto una serie di “riti” intrisi di violenza ai danni delle loro vittime designate, uccidendo per prima – l’8 febbraio, cinque giorni dopo il messaggio “a morte” – la madre dei due ragazzini e bruciandone il cadavere nel giardino della villetta di contrada Granatelli. A seguire, dopo atroci torture e sofferenze, era stato assassinato il piccolo Emmanuel e infine, il 10 febbraio, Kevin, che aveva provato a ribellarsi ed era stato legato e incaprettato.
I Barreca sarebbero stati letteralmente soggiogati da Fina e Carandente, due nullafacenti che vivevano di espedienti, dedicandosi alla “cura delle anime”. Durante i “riti” i due attuali imputati diffondevano messaggi via Messenger e Facebook ai loro contatti, altre persone con le stesse credenze religiose malate. Nessuno di loro aveva segnalato i pericoli.






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