Un veleno corrosivo e inarginabile che attanaglia l’anima. Svegliarsi la mattina senza nutrire più alcuna speranza nel futuro. Decidere di farla finita perché la vita è diventata insopportabile.

E’ allarme suicidi in Sicilia. I giornali di oggi riportano le foto di un ragazzo come tanti, bello, giovane, ‘con tutta la vita davanti’. Ma lui di quella vita ha deciso di privarsi, per cause che appaiono tanto inspiegabili quanto banali.

Samuele Pappalardo, 15 anni di Misterbianco, era scomparso il 29 marzo. Era stato cercato ovunque, sino alla tragica scoperta di ieri: Samuele è stato ritrovato morto sotto un ponte, dal quale si è lanciato, a 10 metri di altezza, dopo aver lasciato un biglietto di scuse. Aveva litigato con la madre che lo rimproverava per il modo in cui stava gestendo una relazione sentimentale ormai finita.

Ma si può morire per questo? A quanto pare sì. Un’evidenza drammatica ed inaccettabile, soprattutto se si considera che ‘il male di vivere’ non ha età.

Appena la scorsa settimana a Palermo, un noto avvocato di 52 anni, reduce dal divorzio con la moglie, si è lanciato dal balcone ed è morto sul colpo in via Ausonia, zona dove dall’inizio dell’anno si sono registrate altre vicende analoghe. Lo stesso giorno, ancora nel capoluogo siciliano, un laureando in Architettura di Alcamo, è finito sotto a un treno che gli ha tranciato le gambe. Anche qui, dalle testimonianze dei presenti, pare si tratti di un tentato suicidio; lo studente è sopravvissuto ma le sue condizioni sono gravissime.

Una complessa interazione tra fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Così gli studiosi comportamentisti sintetizzano il fenomeno suicidio.
La perdita di una persona cara per suicidio è scioccante, dolorosa e inaspettata. In America i familiari dei suicidi vengono definiti ‘survivors’. Sono coloro che devono imparare a convivere con un sentimento di colpa che li soffocherà per sempre e con lo stigma sociale, ovvero gli sguardi sospettosi di chi lo osserverà per sempre pensando che “chissà cosa accadeva realmente in quella famiglia”.

Un vecchio adagio recita che “chi muore giace, chi vive si dà pace”.
Ma come rassegnarsi alla perdita di una persona cara?
La morte, già di per sé, è inaccettabile. Con il tempo, si impara a convivere con il dolore, ma non si può non pensare che quanto accaduto poteva essere evitato, soprattutto se la ‘colpa’ non può essere data ad una malattia o ad un incidente.

Quale futuro aspetta i genitori di Samuele? Il suo è solo uno degli innumerevoli casi di adolescenti che scelgono di concludere la propria esistenza, rinunciando per sempre ai sogni, alle cose belle che potrebbero venire dopo, ai tramonti sul mare, all’amore, alle soddisfazioni professionali.

Forse i nostri giovani sono diventati troppo fragili? O non hanno più valori in grado di tenerli sanamente ancorati alla realtà dalla quale si dissociano? E quali sono i comportamenti che i genitori dovrebbero assumere per infondergli forza e coraggio, per fargli comprendere che le difficoltà sono ostacoli da superare e non macigni che impediscono la vista del futuro?

Domande alle quali è difficile dare risposta.

Ci sono poi i suicidi, sempre più frequenti, legati alla crisi economica. Ci sono padri di famiglia e anziani che dopo una vita di lavoro perdono tutto, i pochi risparmi, persino la casa. In un vortice di vergogna ed inadeguatezza che li trascina velocemente verso il baratro.

In Sicilia, regione tra le più povere d’Italia, i suicidi o tentati suicidi legati alla crisi sono in preoccupante aumento, senza che nessuno intervenga.

Allora forse è il caso che le famiglie inizino ad essere aiutate. In Italia i suicidi nel 2015 sono stati circa 4mila.
Un numero che fa luce su una vera e propria emergenza sociale, mentre gli specialisti cercano di capire il perché e sensibilizzare sull’importanza della prevenzione.

Esiste anche una Giornata mondiale per la Prevenzione del Suicidio, che verrà celebrata il 13 e il 14 settembre con una due giorni in cui alla Sapienza di Roma esperti di società e psicologia faranno il punto della situazione.

La speranza è che simili iniziative servano davvero a salvare la vita a molti.
Nel nostro Paese c’è un ottimo servizio per la Prevenzione del Suicidio, attivo presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, le persone che vi si rivolgono sono sempre più numerose.

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