C’è tempo sino al 17 febbraio per presentare le proposte progettuali di partecipazione alla Settimana delle Culture che si svolgerà a Palermo dall’11 al 19 maggio.
Un festival che, come ogni anno, coinvolgerà l’intera città trasformandola in contenitore di arte e bellezza con eventi che contribuiranno a renderla palcoscenico e museo diffuso.
La Settimana delle Culture è ideata, promossa e organizzata dall’omonima associazione, con la collaborazione del Comune di Palermo, della Regione siciliana, dell’Università degli Studi di Palermo e con la partecipazione di numerosi partner pubblici e privati.
Entro il 18 marzo, dopo che il Comitato scientifico avrà terminato la selezione dei progetti, si darà comunicazione degli eventi inseriti nel programma della manifestazione.
Quest’anno la Settimana delle Culture è presieduta da Bernardo Tortorici di Raffadali, che succede alla storica presidente Gabriella Renier Filippone, fondatrice dell’Associazione, ed è resa possibile grazie al lavoro di un comitato volontario e a titolo gratuito, composto da Gioacchino Barbera, Enza Cilia, Giacomo Fanale, Massimiliano Marafon Pecoraro, Fosca Miceli, Clara Monroy, Anna Maria Ruta, Maria Antonietta Spadaro.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Bernardo Tortorici di Raffadali, uomo sensibile, e attento, – nonché presidente dell’associazione Amici dei Musei siciliani, e per 15 anni presidente della sezione siciliana dell’Adsi, l’associazione delle Dimore storiche italiane – da sempre impegnato nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale siciliano – per saperne di più in attesa della manifestazione che certamente saprà soddisfare un pubblico di ‘beneficiari dell’arte’ adesso, rispetto a solo qualche anno fa, maggiormente partecipe ed esigente. Tra i grandi meriti di Tortorici di Raffadali, un esempio su tutti, quello di aver restituito alla fruizione dei visitatori, gli oratori palermitani di San Lorenzo e di San Mercurio, impreziositi dagli stucchi di Giacomo Serpotta.
Lei è il nuovo presidente della Settimana delle Culture. Quali obiettivi si propone di raggiungere per ricoprire al meglio un incarico così importante?
L’obiettivo è di consolidare la capacità attrattiva di questo “festival delle arti” che la Settimana delle Culture propone alla città ogni anno, di rafforzare il rapporto con le istituzioni culturali, ma soprattutto di offrire la possibilità di una vetrina per chiunque abbia il desiderio di proporre la propria sensibilità.
Lavori già in corso per l’ottava edizione. State accogliendo le proposte progettuali. Cosa vi piacerebbe vedere, o meglio, cosa ‘cerca’ la Settimana delle Culture?
Il grande valore del Festival è sempre stato quello di raccogliere e proporre un’enorme offerta artistica, segno di grande vivacità intellettuale; mi piacerebbe molto che qualità e quantità si bilanciassero sempre più verso l’alto dando il segno che queste occasioni possano contribuire alla crescita culturale della comunità. Tra gli obiettivi che ci poniamo penso che la valorizzazione del patrimonio monumentale attraverso l’arte sia primario; mi piacerebbe ricevere progetti che coinvolgano le biblioteche e gli archivi perché possono essere palcoscenici di infinite storie e la città ha bisogno di aver raccontata la propria storia.
Lo scorso anno sono stati molti i progetti provenienti dall’estero. In base a quali elementi viene selezionata una proposta piuttosto che un’altra?
Abbiamo molto rispetto delle “culture” altre, tendenzialmente quindi cerchiamo di accogliere tutto ciò che ci viene proposto da fuori, è la mission dell’Associazione.
Quante proposte progettuali avete ricevuto nel corso di questi anni? E i progetti, saranno sempre auto-finanziati e auto-prodotti?
Durante le sette precedenti edizioni sono stati circa 2000 i progetti ricevuti e circa 1500 quelli realizzati. I progetti dovranno essere autoprodotti, ma, grazie alla convenzione con l’Assessorato alla Cultura di Palermo che ringraziamo, gli spettacoli sono esentati dagli obblighi Siae e hanno la possibilità di ottenere gratuitamente spazi istituzionali; gli artisti inoltre avranno la possibilità di effettuare un proprio sbigliettamento.
Fare e proporre cultura può far cadere nel rischio di restare ancorati al passato o diventare retorici.
A Palermo com’è la situazione e qual è la risposta del pubblico?
Non credo che Palermo corra questo rischio; certo il recupero del patrimonio storico è stata una tappa necessaria e fondamentale nel percorso di crescita della città, ma non si è fermato con il mero restauro; i monumenti sono diventati teatri di cultura, proponendo un’infinità di iniziative che ne hanno attualizzato la storia, li hanno riempiti di contenuti e di vita, evitandone l’ imbalsamazione museale. Un grande merito che può essere attribuito alle numerose realtà associative cittadine.
Il pubblico palermitano sta crescendo per partecipazione, forse ancora troppo legato ‘all’evento’, ma capace di giudicare, apprezzare e criticare.
C’è differenza tra fare cultura in Italia e all’estero? E quale Paese potrebbe servire da esempio, e perché?
La differenza è che l’Italia è la patria della cultura e siamo noi che dovremmo dettare l’esempio; siamo però rimasti un po’ indietro negli investimenti e nelle organizzazioni che ruotano attorno alla valorizzazione dei beni culturali.
Si è appena concluso l’anno di Palermo Capitale della Cultura. Un suo personale bilancio e quale messaggio vorrebbe che passasse tramite la Settimana delle Culture?
Manifesta e Palermo Capitale hanno indubbiamente portato la città al livello internazionale che avrebbe sempre meritato; un numero enorme di visitatori, che in occasione di questi eventi, hanno soprattutto scoperto il valore artistico e culturale di Palermo e sono stati una qualificata cassa di risonanza che ha ampliato ed amplificato le nostre potenzialità.
Qualche anticipazione sull’edizione 2019 della Settimana delle Culture?
Ancora è presto, ci siamo appena messi al lavoro e l’edizione 2019 sarà bella scoprirla quando verrà ufficialmente presentata.
La cultura è partecipazione ed anche inclusione sociale, argomento di grande attualità. Qual è il suo pensiero a tal proposito?
Accoglienza ed inclusione sono parole intrinseche alla cultura intesa come formazione etica e morale di ogni essere umano.
Già da tempo si è affermata una visione della cultura che mira a riscoprire e valorizzare usi e tradizioni locali. Non si corre un po’ il rischio di chiudersi in un campanilismo forse talvolta esasperato? Cosa ne pensa?
Penso che la tradizione locale sia patrimonio fondamentale, la cui conoscenza non può che essere occasione di crescita per la comunità; da questa conoscenza possono nascere contaminazioni, ovvero l’uso di nuovi linguaggi o l’intrusione di culture diverse ed il prodotto che ne deriva è sempre qualcosa di nuovo ed interessante.
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