Le truffe organizzate alle Poste o alle assicurazioni sulle polizze vita per poter raggranellare un bel po’ di soldi da reinvestire nel traffico di droga. Ecco qual era la nuova frontiera di cosa nostra Palermitana per fare soldi e sostentare le sue casse. Una bramosia di denaro che non si fermava mai, neanche di fronte al rischio di essere scoperti. Almeno due gli episodi di truffa che sarebbero stati scoperti dai carabinieri e organizzati dalla famiglia Marsalone. Circostanze che emergono dall’operazione antidroga Gold green, scattato lo scorso 16 novembre e che ha portato a  scoprire un traffico di droga sulla Palermo, Campania e Calabria.  Quindici le persone arrestate di cui 13 Palermitane.

Le intercettazioni

C’è un’intercettazione che è la madre di tutte per quanto concerne questo capitolo truffe. Si sentono i fratelli Alessandro e Giuseppe (classe ’72) Marsalone  mentre parlano col cugino Giuseppe (classe ’76), tutti e tre arrestati nell’operazione, e spiegano le dinamiche della truffa. Nell’occasione i due avevano esplicitato la necessità di recuperare 200 mila euro depositati su un non meglio precisato conto corrente e provenienti da una precedente truffa. In particolare Giuseppe classe ’72 spiegava al cugino di aver già speso una parte della somma, circa 80 mila euro, per saldare diversi debiti ed acquistare due auto.

La false dichiarazioni di morte

Le presunte truffe messe in atto da Giuseppe (classe ’72) sarebbero servite a finanziare le attività illecite della consorteria mafiosa dedita principalmente al traffico di stupefacenti grazie ad un consolidato sistema, comprovato dalla documentazione acquisita e dagli esiti delle intercettazioni, in forza della quale gli indagati, dopo la stipula di diverse polizze vita, attendevano un periodo di almeno sei mesi prima di far dichiarare falsamente la morte dell’assicurato per incassare il premio di 200 mila euro. Ed erano certi che, trattandosi di contratti ritenuti di minor valore, i contratti assicurativi sulla vita non sarebbero stati soggetti ad ulteriori controlli dal parte delle agenzie, che si sarebbero limitate alla verifica della regolarità formale della documentazione presentata.

Le difficoltà e l’intervento della cosca

Non tutto filava però liscio all’interno della cosca. C’era chi nell’organizzazione incassava e poi non distribuiva il premio come da accordi. In un’altra intercettazione si evinceva che i fratelli Marsalone si trovavano in grande difficoltà, poiché erano ancora creditori di alcune somme da parte di alcuni componenti del sodalizio derivanti da queste truffe. Addirittura per recuperare i soldi fu chiesto l’intervento della famiglia mafiosa dei Tumminello, ricadente nel territorio di Resuttana.

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