“Chi compie il male è insensibile alla sofferenza umana. Diventa imprenditore e propagatore compiaciuto di sofferenza. Questo è la mafia, questo sono gli uomini e le donne delle organizzazioni mafiose. Questo sono i piromani che appiccano il fuoco devastatore della nostra martoriata Sicilia. Questo sono i sette stupratori della ragazza dilaniata nel corpo e nell’anima al Foro Italico: giovani accomunati dal delirio di ‘onnipotenza virile’, scatenatosi su una donna trattata come mera ‘carne’ da preda. Uomini e donne, adulti e giovani, che hanno smarrito la passione morale. Incapaci di amare, di rispettare e di onorare la vita altrui. Uomini e donne, pertanto, senza fondazione religiosa, indifferenti alla sofferenza umana, all’ingiustizia. Seminatori di dolore e divulgatori di iniquità. Idolatri della violenza.

La violenza che non guarda in faccia nessuno

Vittime anche loro della deriva antropologica in atto frutto della sconfitta educativa che pesa sulla coscienza di noi adulti. L’uomo proteso alla giustizia – l’uomo capace di «culto spirituale» –, ascolta e prende parte alle sofferenze degli altri fino a farsene ferire mortalmente”. Così l’arcivescovo Corrado Lorefice nel corso dell’omelia per la messa in ricordo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Il generale ha vissuto la sua vita a difesa degli ultimi degli indifesi.

La fede di Dalla Chiesa

“Spesso la scelta di “fare ciò che è giusto fra gli uomini” presa davanti alla propria coscienza e davanti a Dio, viene fatta in totale solitudine, se non nell’incomprensione e nell’avversione anche dei più prossimi o delle stesse istituzioni che si servono. – ha aggiunto l’arcivescovo – L’anno scorso, attraverso le letture bibliche, avevamo messo in evidenza la fede del Generale dalla Chiesa, “una cara, dolce costante” della sua vita come egli stesso l’aveva definita. La fede religiosa era a fondamento della sua grande passione morale, della sua determinazione – sostenuta da un’alta professionalità acquisita lungo “41 anni […] spesi proprio sulla breccia” a cercare esclusivamente ciò che è giusto e ad individuare il grido che si leva dalla sofferenza umana, ed in particolare quella sofferenza causata da strutture di peccato create e controllate da uomini e donne che impongono il loro potere oppressivo sugli esseri umani. Uomo dalla grande passione morale, come in Geremia, nel suo “cuore c’era come un fuoco ardente”. La passione che lo portava “a contatto con la realtà di ogni giorno – affermava il Prefetto stesso dinanzi agli studenti del Gonzaga –, a contatto con i modesti, con gli umili, con i probi, proprio perché fossero difesi dai cattivi”.

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