Cosa succederà con l’istituzione delle “zone rosse” in ampie zone della città di Palermo? Ce lo spiega Nino Caleca, già giudice del CGARS il, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana.

Si intensifica il ricorso al daspo urbano

Il dato di maggior rilievo è che nelle cosiddette “zone rosse” sarà possibile il ricorso ad una particolare declinazione del Daspo urbano. Il Daspo urbano, in generale, è un istituto mutuato dal contesto calcistico, voluto nel 2017 dall’allora ministro Minniti e finalizzato, ora, a tutelare anche il “decoro” delle nostre città in seguito a numerose novazioni legislative.

Al fine di comprendere la portata dei provvedimenti di cui oggi si parla è utile richiamare un provvedimento governativo del 17 dicembre 2024: in quella data il Ministro dell’Interno Piantedosi emanava una Direttiva, rubricata “iniziative di prevenzione e sicurezza urbana”, in cui si chiedeva
ai Prefetti di istituire delle c.d. “zone rosse” nelle città, al fine di evitare la presenza di persone indesiderate nei luoghi pubblici.

In estrema e ‘atecnica’ sintesi può dirsi che con il Daspo urbano chi offende “il decoro cittadino” deve essere immediatamente allontanato dalla “zona rossa” dalle forze dell’ordine e, in seguito, può farsi divieto allo stesso di ritornarvi per un certo periodo di tempo con provvedimento adottato dal Questore.

Una estensione dei poteri del Questore in materia

Ebbene, l’ordinanza prefettizia che individua la “zona rossa”, in pratica, estende i presupposti del Daspo urbano di competenza del Questore al di là dei limiti previsti dalla primigenia norma di legge e, conseguentemente, si ampliano le maglie del controllo “para-penale” cui possono essere
sottoposti gli avventori delle zone in discussione.

Provocherà discussioni il così detto Mini-daspo.

Per essere destinatari del mini-daspo, ed essere allontanati con immediatezza dalle forze di polizia dalla “zona rossa”, a mero titolo di esempio e utilizzando un linguaggio di immediata comprensione, basterà essere stato solo denunciato per un certo reato o essere stato trovato, in
epoca precedente, in compagnia di un soggetto aduso agli spinelli o essere stato identificato, in epoca antecedente, con soggetto poi rilevatosi non incensurato.

Destinatari dell’ordine di allontanamento immediato e, poi, del divieto di frequentare quei luoghi per un periodo più o meno lungo possono essere anche i minori.

Al fine di applicare i provvedimenti di allontanamento immediato dalla “zona rossa” le forze dell’ordine possono procedere all’identificazione, e annotazione, di tutti i soggetti che ivi transitano o si trovino, compresi gli avventori dei bar, dei ristoranti e dei pub che ricadono nella zona in
esame.

Il tema delle libertà individuali

Bisogna ricordare che la natura di questi provvedimenti ha determinato una sollevazione della cultura giuridica democratica che ha denunciato come mediante un mero provvedimento di polizia si determini una illegittima limitazione del diritto di circolazione in violazione della riserva di legge “rinforzata” prevista dall’art.16 della Costituzione che espressamente richiede come tale restrizione possa essere stabilita solo “dalla legge, in via generale, per motivi di “sanità o di sicurezza”.

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza amministrativa, pur riconoscendo la compatibilità costituzionale del Daspo, ha tentato di definirne, e limitarne, le possibili applicazioni timorosa di legittimare un eccessivo potere del Questore di limitare la libertà di circolazione dei cittadini.

Competente a decidere sulla legittimità dei Daspo è la giustizia amministrativa.

Anche il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana e i Tar della nostra isola hanno reso interessantissime sentenze. Osserva la dottrina più attenta “Il Daspo diviene, dunque, misura giuridica polimorfa: nata per contrastare i fenomeni di violenza nell’ambito delle manifestazioni sportive, si innesta nel tessuto urbano e muta i suoi connotati, divenendo strumento di controllo di quelle soggettività che animano le nostre città con dei comportamenti ritenuti, di volta in volta,
“pericolosi”, “immorali”, “incivili”, pur non integrando alcuna tipologia di reato”.

Un provvedimento tampone?

Per essere chiari fino in fondo: finalità del Daspo non è combattere la criminalità organizzata, ma, come si legge nella Relazione illustrativa del Governo che ne ha accompagnato l’iter di approvazione, l’istituto trova ragione “nell’esigenza di rispondere ad una “percezione” di insicurezza
dei cittadini e di garantirne la necessaria “rassicurazione”.

Nino Caleca, estensore del presente testo è avvocato e già giudice del CGARS il, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana.