Una crisi prima sanitaria e poi ovviamente economica, il welfare sociale inesistente americano oltre che la grande flessibilità del mercato. Sono questi i campi di battaglia sui quali si gioca la presidenza US in palio a novembre.

Gli analisti sembrano dar per scontato che i risultati dei primi 2 trimestri saranno molto negativi, sia dal punto di vista dei profitti delle aziende sia dal punto di vista della disoccupazione ma si auspica una ripresa soprattutto nei consumi già dal 3°o 4° trimestre, il fondo monetario internazionale prevede invece una ripresa solo dal 2021 o nelle migliori ipotesi negli ultimi mesi del 2020, posizione condivisa dalla maggior parte delle grandi  banche d’affari con i loro analisti.

In questi giorni vengono pubblicati i dati sul prodotto interno lordo della Cina (-6,8% circa), sulle vendite del mercato interno (-1,1%) e sulla produzione del mercato cinese (-15,8%): sono numeri terrificanti soprattutto per un’economia forte come quella cinese, che non vedeva questi risultati dal 1990.

Sono adesso noti anche i numeri sulla disoccupazione dei cittadini americani sono anche questi numeri terrificanti (20,6 mln di persone circa). Il presidente Trump è subito intervenuto con un tweet per rassicurare i mercati parlando di dati “previsti” e aggiungendo che non sarà un problema trovare posti di lavoro per queste persone. In America valori così alti non si vedevano dal 1993, numeri che confermano le dimensioni della crisi dei prossimi anni.

I mercati finanziari, governati dalle banche centrali e dalle “big whales” di Wall street, puntano tutto sulla ripresa: “niente può fermare l’America”, e ancora “Sin da quando è stata fondata l’America, tutti hanno sempre voluto venire qui” il commento di Warren Buffett appena dopo aver disinvestito tutte le sue quote nelle quattro maggiori compagnie aeree statunitensi.

Donald Trump è stato il primo presidente americano ad aver associato il successo della sua politica ai “gain” del mercato finanziario. Ecco il motivo della grande fiducia nel mercato ma anche del grande sforzo fatto dalla Fed. Si cerca di tenere botta per evitare uno scivolone che potrebbe regalare ai Dem la casa bianca all’inizio di questo nuovo decennio.

Un possibile successo di Biden a novembre potrebbe ammorbidire i rapporti tra le due super potenze, rapporti ad oggi molto tesi con le vecchie guerre dei dazi che oggi vengono sostituite dalla retorica del presidente e della sua amministrazione. Attriti tra queste due potenze potrebbero essere regolati proprio durante la soluzione di questa emergenza, due economie in profonda crisi pronte a dimostrare quale delle due funzioni meglio. Sarà capace D. Trump a confermare la sua leadership e sostenere l’economia americana? Chi saranno i vinti e vincitori in questa battaglia per l’egemonia economica mondiale?