“In un periodo in cui si pensa di fare comunità stando chiusi in casa davanti a un computer, i Festival come questi hanno qualcosa di miracoloso. Stare seduti in una piazza e ridere, scherzare, commuoversi insieme è davvero strepitoso”. Con questo parole Pif, sul palco di piazza Regina Margherita, la sala en plein air più grande e più a Sud d’Europa, ha sintetizzato il senso più profondo di una manifestazione “che come per magia ci fa ritornare indietro nel tempo” per usare le sue parole.
Grande serata, ieri, per l’inaugurazione della XVIII edizione del Festival Internazionale del Cinema di Frontiera di Marzamemi che con il suo ospite d’onore ha fatto il pienone di applausi e di risate. Perché con la sua ironia pungente Pif non ha esitato a lanciare uno sguardo anche sull’attuale clima politico, scherzando con il pubblico della piazza. “Il primo film in concorso è palestinese? Ma come? Prima gli italiani!”.
A inaugurare la sezione del concorso dedicato ai lungometraggi è infatti stato il film “Wajib – Invito al matrimonio” di Annemarie Jacir, seguito dal film fuori concorso “Balon” di Pasquale Scimeca che sul palco di piazza Regina Margherita ha spiegato: “Si tratta di un film sull’Africa, nato per un’esigenza di conoscenza, senza alcuna presa di posizione. Un film che racconta quella che è l’Africa oggi e quali sono i motivi per cui alcune persone intraprendono un viaggio terrificante lasciando la propria terra, la propria casa, la propria famiglia per trovare una speranza in Europa». Anche in questo caso uno sguardo all’attualità: “Sono convinto che noi italiani non siamo razzisti, per cui le paure, spesso, sono dettate dalla mancanza di conoscenza della cose”.
Ancora prima, per la sezione Chiacchiere sotto il fico, Linda Di Dio, componente della giuria dei cortometraggi, nonché produttrice del film, ha parlato di “Balon” definendolo «una storia di due fratelli che vivono sereni in un villaggio fin quando qualcosa non li spinge ad andare via».
Sull’argomento è intervenuta anche Valeria Calandra, presidente di Sos Mediterranèe che, dopo aver spiegato la mission dell’organizzazione umanitaria internazionale, ha sottolineato come «la linea che collega il cervello al cuore è quella che realmente anima la società civile e ciò che noi facciamo è dunque un fatto di coscienza».
Oltre a Linda Di Dio sono stati presentati gli altri due giurati del Con-corto: Giuseppe Gambina dell’Anec – “Il cinema resta la piattaforma principale su cui vedere un film” ha detto, ribadendo la centralità della sala cinematografica; ed Elit Iscan, anche madrina del Festival, che ha manifestato tutta la sua contentezza per questo duplice ruolo in un Festival, quello del Cinema di Frontiera, di cui è stata ospite già nel 2014.
Ma ieri, tra gli ospiti della XVIII edizione del Cinema di frontiera, c’era anche l’attrice Donatella Finocchiaro, definita da Nello Correale, ideatore e direttore artistico della manifestazione, “madrina storica” della kermesse dato che era presente già alla prima edizione, nel lontano 2001.
Per la giuria dei lungometraggi era invece ospite il regista Moammed Soudani, che ha ripercorso la sua vita professionale, ma anche privata, ricordando di aver lasciato l’Algeria 46 anni fa, per realizzarsi in Italia come calciatore prima e come cineasta dopo.
Passato e presente, ancora una volta, si sono intrecciati nella prima giornata del Festival, aperta e chiusa nel segno e nel ricordo di Sebastiano Gesù, il vicedirettore del Cinema di Frontiera scomparso lo scorso 2 luglio.
“Le persone che hanno seminato così tanto – ha detto Nello Correale – non scompaiono con la loro vita terrena”. L’editore Salvatore Schembari ha definito “film di carta” i libri di Sebastiano Gesù, mentre Rosa, moglie dell’indimenticato e indimenticabile vicedirettore del Cinema di Frontiera, ha ricordato: “Sebastiano seguiva diverse iniziative ma Marzamemi era quella a lui più cara. Se ne è andato parlando di questo Festival”.
Poi l’ormai tradizionale sigla del Cinema di Frontiera, sul grande schermo di piazza Regina Margherita, ha ricordato a un pubblico commosso momenti e parole di Sebastiano Gesù durante le 17 edizioni che ha seguito con quello stesso amore e quella stessa passione che metteva anche nella stesura dei suoi libri.
Stasera sullo schermo principale, quello di piazza Regina Margherita, sarà proiettato il secondo film in concorso, “Florida Project – Un sogno chiamato Florida” di Sean Baker (Usa 2017, 115’) con Willem Dafoe, nominato all’Oscar come miglior attore non protagonista e reduce dalla Coppa Volpi per “At Eternity’s Gate” in cui interpreta Vincent Van Gogh. Largo, quindi, al terzo film in concorso: “1945”di Ferenc Torok (Ungheria 2018, 97’’).
Domani il concorso dei lungometraggi proseguirà con il film “Due piccoli italiani” di Paolo Sassanelli (Italia/Islanda 2018, 94′), road movie dal tono tragicomico, tipico di quelle storie che utilizzano la follia come chiave d’accesso alla diversità e alla sua ricchezza. Salvatore (Francesco Colella), addetto alle pulizie in un centro di salute mentale, decide, insieme con Felice (Paolo Sassanelli), uno dei pazienti, di intraprendere una rocambolesca fuga che da un piccolo paese in provincia di Bari li catapulta a Rotterdam e poi in Islanda. Attraverso qualche disavventura e con l’aiuto della generosa e stravagante Anke, supereranno le proprie paure e inibizioni scoprendo, per la prima volta nella loro vita, cosa significa sentirsi vivi e felici. Una storia semplice, leggera che esplora il tema del viaggio come movimento interiore per accedere a zone remote della propria essenza, veicolo di forze di cui si ignorava l’esistenza, mezzo per la creazione di una realtà alternativa, più accogliente, meno severa, meno “piccola”.
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