Mamma Veonica ‘assassina senza pietà’: a 90 giorni e più dalla sentenza di condanna per la signora Panarello condannata il 17 ottobre 2016 per l’omicidio e l’occultamento del cadavere del figlio Loris Stival, arrivano le motivazioni della sentenza. Veronica deve scontare 30 anni di carcere.

17 ottobre 2016: Veronica Panarello condannata a 30 anni 

In 194 pagine e’ racchiusa la storia processuale della donna. Ventinove capitoli che analizzano i capisaldi del processo: dalla sua genesi alle indagini, dalle prime dichiarazioni della donna, alle perizie, compresa quella psichiatrica.

Il giudizio è netto: “La condotta processuale della donna è stata deplorevole, reiteratamente menzognera, calunniosa, manipolatrice. Va assolutamente confermata e fatta propria in questa sede la definizione laconica del giudice del riesame nella persona dell’imputata: ‘Lucidissima assassina’”.

Ancora più duro il Gup di Ragusa, Andrea Reale: “All’esito del processo l’espressione appare persino benevola perche’ oltre alla evidenza della piena capacita’ di intendere e di volere dell’imputata dal momento del fatto, questo giudice ritiene di potere evidenziare la pravita’ d’animo con la quale la donna, senza alcuna pietà e senza un benché minimo pentimento, neanche dopo avere commesso il più innaturale dei crimini, ha occultato il cadavere del figlio”.

Il giudice fin dalle prime battute rende merito al lavoro investigativo e alla presenza sul posto del medico legale Giuseppe Iuvara che con il suo lavoro ha permesso di “avere contezza di circostanze fondamentali per la ricostruzione dell’evento e della causa mortis”. Sin da subito erano evidenti quindi le lesioni sul corpo del povero piccolo. Un bimbo alto un metro e venti circa, dal peso di circa 18-20 chilogrammi, piu’ piccolo rispetto alla sua eta’: aveva 8 anni, ma ne dimostrava 5 o 6.

Ed è dall’autopsia che emergono i dettagli della sua uccisione compresa la piena compatibilita’ con quelle fascette consegnate da Veronica, che sarebbero state strette attorno al suo collo ed ai polsi.

Particolarmente corposo il capitolo che fa riferimento alla capacità di intendere e di volere di Veronica Panarello.

Il giudice, dopo avere ricostruito gli aspetti giurisprundeziali, i test condotti e facendo riferimento a quanto segnalato dai periti scrive di un lato ‘istrionico e narcisistico’ della donna “tratti non caratterizzati, tuttavia, dalla persistenza e dalla rigidità né disadattativi, tali da assurgere ad una infermità catalogabile nei disturbi della personalità”.

Nelle motivazioni della sentenza il gup condivide “il giudizio dei periti sulla piena capacità di Veronica Panarello di intendere il reato” e  “la sua piena capacità di comprendere la portata della conseguenza delle sue scelte e di percepire adeguatamente peso e riflessi degli atti addebitati”.

Il giudice scrive ancora che “le continue e diverse contraddittorie contrastanti tra di loro versioni dei fatti rese dall’imputata non siano in alcun modo riconducibili ad alcun disturbo o disfunzionamnto cerebrale del quale comunque non vi è alcuna evidenza scientifica ed oggettiva… ma costituiscano (semplicemente) i tasselli di una deliberata e dolosa strategia manipolatoria e falsificatrice della realtà”.

Il giudice esclude il coinvolgimento di Andrea Stival, suocero di Veronica: è “inattendibile e falsa la chiamata in correità “, tanto da giustificare la “trasmissione degli atti alla Procura per calunnia nei confronti di Andrea Stival”.

Proprio la chiamata in causa del nonno del piccolo Loris viene definita dal gup “un espediente perfido e malvagio, capace di distruggere tutti gli ultimi baluardi affettivi della famiglia Stival, inoculando una dose ulteriormente letale di veleno dentro quel nucleo gia’ profondamente colpito dall’assassinio efferato dei Loris”.

Il giudice ritiene plausibile che la donna soffra della cosiddetta ‘Sindrome di Medea’ con la quale “colpisce anche il suocero, oltre che il marito ed il figlio, in una spirale di cieca distruzione della idea di famiglia e dei valori che la stessa incarna”.

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