Segregata per mesi in un capo profughi in Libia e dopo il pagamento del suo riscatto da parte di un sedicente libico, ha affrontato il mare convinta che la sua vita da nigeriana povera potesse svoltare appena messo piede in Sicilia. Chi le aveva prospettato un futuro migliore di quello africano era stato abbindolante.

Lei però è stata scaltra, più di molte altre sue connazionali finite sul marciapiede a vendere il loro corpo per pagare un riscatto attorno ai 35 mila euro che di fatto non si estingue mai costringendole a restare schiavizzate a tempo indeterminato.

E così ha denunciato tutto al capo della squadra mobile di Ragusa, il commissario Antonino Ciavola,che con minuziosa perizia è riuscito a ricostruire il giro: una banda criminale mista di libici e nigeriani che reclutavano giovani e avvenenti donne in Nigeria da destinare alla prostituzione. Appendice criminale della disperata tratta di essere umani in fuga dall’Africa devastata dalla guerra.

Sono cinque in tutto le persone indagate: tre donne e due uomini. Le donne sono state fermate tra Torino Brescia e Ragusa. Un uomo invece è di fatto irreperibile. Hanno tutti nomi impronunciabili.

Sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all’induzione della prostituzione di ragazze illegittimamente introdotte nello Stato italiano, reato aggravato dal carattere transnazionale dell’associazione che operava in più stati. Oltre al crimine di tratta di persone.

Agli atti dell’inchiesta le intercettazioni sulle utenze telefoniche dei membri della banda che per assicurarsi la sottomissione delle vittime le sottoponevano al rito voodoo detto anche JuJu che consistevano anche in minacce a parenti residenti in Nigeria .