Dopo la rivolta dei detenuti della casa circondariale di Foggia di lunedì scorso è stato deciso di spostare 107 carcerati in altri istituti penitenziari. Alla traduzione dei detenuti ha preso parte un contingente composto da 250 unità della polizia Penitenziaria. All’esterno del carcere è stato predisposto dalla Questura di Foggia un dispositivo di sicurezza con l’impiego di 150 uomini tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza, anche con l’impiego di reparti di rinforzo inviati dal Viminale.

 

Il numero degli evasi è sceso a sei, ma loro, adetta degli inquirenti, ci sono i tre uomini più pericolosi. Si tratta di Cristoforo Aghilar, Francesco Scirpoli e Ivan Caldarola. Ieri si sono costituiti altri tre fuggiaschi ad Adelfia (BA), a San Giovani Rotondo (FG) e a Pescara. Mentre un terzo evaso è stato arrestato a Orta Nova (FG).

 

Così interviene Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), sull’operazione di oggi «Una volta finita l’emergenza del Coronavirus bisognerà interrogarsi sul perché in un carcere come Foggia, ma poteva accadere in qualsiasi penitenziario della nazione, i detenuti decidono di mettere a ferro e fuoco ogni cosa ed evadere in massa come se fosse un gioco e la cosa più facile del mondo». Successivamente afferma che nel carcere «sono state fatte anche alcune perquisizioni che hanno consentito di ritrovare telefoni e droga». Pilagatti spiega «Da tempo il Sappe aveva chiesto l’avvicendamento del responsabile della sicurezza del carcere di Foggia, poiché le avvisaglie di una situazione sfuggita di mano erano chiare». Erano, infatti, frequenti i ritrovamenti di droga e telefoni, questi ultimi usati anche per denunciare ai carabinieri la carenza di servizi igienici-sanitari.