Hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere Santo Cultrera e Rosaria Mangiafico, rispettivamente medico e gestore di un patronato, accusati dalla Procura di Siracusa di aver consentito a falsi invalidi di ottenere le pensioni con la complicità dei componenti di una Commissione composta da medici Inps ed Asp.
I due, coinvolti nell’operazione Povero Ippocrate dei carabinieri della Procura, erano stati gli unici a subire l’arresto, sebbene ai domiciliari, mentre nel complesso sono 73 le persone indagate.
Il primo ad essere sentito dal gip del tribunale di Siracusa, Carmen Scapellato, è stato Santo Cultrera, difeso dall’avvocato Ezechia Paolo Reale, ma il medico si è riservato di essere sentito dai magistrati in una fase successiva.
Rosaria Mangiafico, difesa dall’avvocato Antonio Meduri, non ha risposto alle domande del gip ed è tornata nella sua abitazione così come il medico perché per entrambi permane la misura cautelare.
La Procura di Siracusa avrebbe, comunque, deciso di fare ricorso al Riesame non solo per chiedere un aggravamento delle misure patrimoniali degli indagati ma anche per ottenere la contestazione dell’associazione per le persone coinvolte in questa inchiesta.
Secondo la tesi dei carabinieri, gli indagati sedavano i falsi invalidi, li istruivano a simulare le patologie, gli procuravano finte badanti per accompagnarli a visita, falsificavano gli accertamenti diagnostici e attestavano false visite in commissione medica.
L’indagine, coordinata dal Procuratore di Siracusa Sabrina Gambino e dai sostituti Tommaso Pagano e Salvatore Grillo, ha consentito di accertare, a partire dal 2016, attraverso le intercettazioni telefoniche e ambientali, che gli indagati avrebbero fittiziamente attestato di avere compiuto esami diagnostici in realtà mai eseguiti, di avere accertato la sussistenza di patologie inesistenti e “di avere esercitato il giudizio medico nell’ambito di un organismo collegiale di cui in realtà risultavano assenti tutti gli altri componenti” spiegano gli inquirenti.
Nella maggior parte dei casi, i medici avrebbero incassato una somma in contanti per la falsa certificazione rilasciata.
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