E’ stata confermata dalla Cassazione la sentenza a 30 anni di carcere emessa dalla Corte di Appello di Catania  nei confronti di Paolo Cugno, 30 anni, l’operaio di Canicattini Bagni, nel Siracusano, accusato dell’omicidio nel marzo del 2018 della compagna Laura Petrolito, 20 anni.

Omicidio nel fondo di famiglia

Il delitto avvenne in un appezzamento di terreno in contrada Tradituso, a Canicattini, di proprietà della famiglia dell’imputato.

La gelosia e la tragedia

Un omicidio riconducibile ad una lite tra i due ragazzi, per via della gelosia della donna, finita, però, in tragedia. Prima della sua morte, su Facebook, Laura Petrolito aveva postato una foto contenente una frase: “Tradire non è solo fare sesso con un’altra persona. Cancellare i messaggi o mentire su dove si va è già tradire”.

La lite

Cugno, in quel tragico sabato del 17 marzo, prima di rientrare nella sua abitazione dopo aver finito di lavorare, trascorse il pomeriggio da un’altra parte e non appena rientrò la compagna, secondo la ricostruzione degli inquirenti, lo investì di rimproveri.

Ne nacque l’ennesima lite tra i due che uscirono da soli senza il bambino solo che nel fondo agricolo di contrada Tradituso, si consumò la tragedia. Cominciarono a discutere e con il passare dei minuti i toni diventarono sempre più accesi, fino alla decisione del compagno della donna di impossessarsi di un coltello custodito all’interno di un capanno.

Inflitte 16 coltellate

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del comando provinciale di Siracusa, l’imputato dopo avere inflitto 16 coltellate, gettò il cadavere della donna in un pozzo.

L’infermità mentale

La difesa dell’imputato, rappresentata dall’avvocato Carlo Taormina, aveva puntato sull’infermità mentale del suo assistito che, “però, ho ribadito inammissibile” spiega a BlogSicilia l’avvocato Domenico Mignosa, difensore di parte civile del figlio della coppia. Tra i rappresentanti delle parti civili anche il Centro antiviolenza Ipazia, rappresentato dall’avv. Elena Salemi.

Nel corso del processo, celebrato con il rito abbreviato, la difesa aveva presentato una perizia psichiatrica attestante una grave patologia, una schizofrenia paranoide sofferta dal ventisettenne ma per i giudici l’operaio è sano di mente.

“Un altro motivo del ricorso è stata la mancata concessione dell’attenuante della provocazione per accumulo, il Centro antiviolenza ha puntualizzato come l’applicabilità di tale figura sia molto pericolosa mei casi di violenza di genere” dice a BlogSicilia l’avv. Elena Salemi.