I carabinieri hanno eseguito due misure cautelari in carcere nei confronti di Antonino Galioto, 57 anni, di Ferla, e Rosario Scavo Bontempo, 33 anni, di Lentini, condannati in via definitiva nell’ambito del processo denominato Kronos per associazione mafiosa pluriaggravata.

Condanne per esponenti del clan Nardo

Il primo ha rimediato una pena pari ad 8 anni ed 8 mesi di reclusione,  l’altro ad 8 anni ed entrambi, come disposto dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catania, sono stati trasferiti in carcere, nel penitenziario di Augusta, dove sconteranno la condanna.

Operazione Kronos

Secondo quanto emerso nella ricostruzione dell’accusa, i due sono esponenti del clan Nardo, operante nella zona nord del Siracusano, capace di controllare tutte le attività illecite.

Galioto e Bontempo, nel 2016, finirono nell’operazione Kronos conclusa dai carabinieri con 28 provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone, appartenenti a tre gruppi malavitosi, Santapaola di Catania, Seminara di Caltagirone e Nardo di Lentini, che, secondo  gli inquirenti, si erano dichiarati guerra.

Le intercettazioni sulla guerra di mafia

“Se abbaia la cagnolina suona la chitarra…”. E’ il testo di una frase di un pezzo da Novanta di un clan legato a Cosa nostra che discuteva con i suoi compagni mentre erano impegnati a sparare in campagna ed a oliare pistole e fucili.

Gli interessi sull’eolico

I contrasti erano legati a questioni economiche, in particolare per i magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catania, al centro delle liti c’erano gli appalti legati alla costruzione di impianti eolici.

Il summit

Le famiglie Santapaola-Ercolano, quella di Caltagirone e dei Nardo di Lentini, per ripianare i contrasti,  si trovarono sedute a trattare per la pace che i vecchi boss avrebbero voluto a tutti i costi, evitando i riflettori dei magistrati e dei media.

Fallimento delle trattative

Ma, secondo quanto scoperto dai magistrati,  la mediazione fallì con un tentativo di agguato nei confronti di Giovanni Pappalardo e Salvatore Di Benedetto, che non avrebbero accettato di fare un passo indietro dopo la scarcerazione di Alfonso Fiammetta.

Le due vittime avrebbero ritenuto che tra i mandanti ci sarebbe stato Francesco Santapaola, reggente della cosca catanese. Le intercettazioni dei carabinieri del Ros avrebbero svelato che stava per scattare una rappresaglia che avrebbe dato luogo ad una sanguinosa faida interna a Cosa Nostra.