Nelle settimane precedenti allo scoppio della guerra in Ucraina, il futuro di Lukoil, il colosso russo della raffinazione, nel Petrolchimico di Siracusa era incerto.

Il futuro della russa Lukoil

Secondo Confindustria Siracusa, l’azienda, entro due anni, potrebbe andare via a causa del piano di riconversione energetica, che non prevede aiuti per la raffinazione, per cui gli investimenti previsti nella zona industriale aretusea sarebbero fortemente a rischio e dirottati altrove. Il conflitto, però, apre nuovi ed immaginabili scenari, soprattutto se l’Occidente dovesse decidere di imprimere un giro di vite all’economia russa.

Gli scenari

Le sanzioni non sono state ancora decise, così come il cosiddetto Swift, il sistema che blocca le operazioni di trasferimento di denaro internazionale e consente di tracciare il denaro. Tagliare la Russia dallo Swif comporterebbe escluderla da tutte le transazioni internazionali, assestando un colpo durissimo all’economia.

Il crollo del Pil della Sicilia

In ogni caso, nel caso di mancati aiuti pubblici per riconvertire la produzione legata alla raffinazione o di nuove strategie aziendali connesse alla guerra, l’uscita di Lukoil avrebbe per il territorio, sia siracusano sia siciliano, un effetto devastante sotto l’aspetto economico ed occupazionale.

Petrolchimico a rischio

Insomma, ci sarebbe il crollo del Petrolchimico, in quanto le due raffinerie del colosso russo sono la colonna portante dell’intera zona industriale, che, tra diretti ed indotto, secondo fonti della Fiom Cgil, impegna circa 7500 lavoratori.

Di petrolio si avrà ancora bisogno

L’Ue e l’Italia, nel piano di Transizione energetica, hanno di fatto tagliato il petrolio: a partire dal 2035 saranno bandite le vendita di veicoli alimentati a benzina o a diesel.

“Fino al 2050 avremo sempre bisogno del petrolio, per cui ci ritroveremmo ad importare prodotti petroliferi, tra cui benzina e gasolio dai paesi in cui non ci saranno restrizioni, tra cui Cina ed Africa. Useremo gli stessi prodotti e peggioreremo le condizioni ambientali” ha detto nelle settimane scorse a BlogSicilia il presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona.

Operazione di salvataggio

Circa 7 giorni fa quando la guerra era ancora all’orizzonte, la Camera dei Deputati ha approvato la cosiddetta mozione per la Transizione giusta che impegna il Governo nazionale a concedere aiuti per la riconversione delle aziende legate alla raffinazione, alla chimica, al cemento ed all’acciaio.

Un atto politico forte, considerato che la mozione porta la firma di 44 parlamentari di ogni schieramento politico. Questo piano, se adottato dal Governo, prevede un pacchetto di investimenti “comprende 7,5 miliardi di euro dal quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e 10 miliardi di euro supplementari dallo strumento europeo per la ripresa” spiegano i parlamentari. Insomma, sarebbero sufficienti per rimettere in moto il Petrolchimico e riconvertirlo, come chiedono le aziende, tra cui l’algerina Sonatrach, altro pezzo importante della raffinazione nel Siracusano.

Ma servirà?

La domanda è: se il Governo Draghi dovesse fare sua la mozione con gli aiuti al Petrolchimico, graditi dai colossi della raffinazione, Lukoil sarà ancora nel Petrolchimico?

 

 

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