Lo avevano annunciato i sindacati siracusani il 22 di febbraio che il closing per la compravendita delle raffinerie Isab-Lukoil sarebbe slittato nel mese di aprile. L’acquirente è il fondo cipriota Goi Energy che avrebbe messo sul tavolo 1,2 miliardi per i due stabilimenti del Petrolchimico di Siracusa, sotto il controllo della Litasco, la società italo-svizzera gravitante nell’orbita russa.

Domani prima scadenza

Incombe, però, il parere del Comitato governativo per il Golden power, un istituto usato dal Governo Meloni per consentirgli di porre condizioni o veti in caso di tentativi di acquisto “ostile” da parte di una società estera di un’azienda italiana strategica o attiva in un settore ritenuto fondamentale, come lo è la zona industriale,  diventata, per legge, un sito strategico nazionale.

I riflettori su partner di Goi Energy

Come riportato dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore, il Comitato intende conoscere, entro domani,  dettagli circa il fornitore di petrolio di Goi Energy, cioè Trafigura, “uno dei maggiori commercianti indipendenti di petrolio e prodotti petroliferi al mondo” si legge nel comunicato del gennaio scorso in cui venne annunciato l’accordo tra Goi Energy e Litasco.

Chi è Trasfigura

Trasfigura è uno dei trader che, prima dello scoppio nella guerra in Ucraina, avrebbe avuto come partner la compagnia petrolifera russa Rosneft. Un particolare non da poco considerato lo scenario internazionale, con la Russia al centro di sanzioni da parte dei paesi Occidentali, Stati Uniti ed Ue. Goi Energy, appena un mese e mezzo fa, chiarì che non vi è alcun rapporto o relazione con la Russia.

Gli interessi degli israeliani

Il Comitato governativo per il Golden power avrebbe messo sotto osservazione anche Bazan Group, uno dei più grandi e complessi gruppi energetici in Israele, che gestisce il più grande impianto integrato di raffinazione e petrolchimico del Paese, che, potenzialmente, è un competitor delle raffinerie Isab.

L’amministratore di Goi Energy, Michael Bobrov, è anche manager anche di Green Oil Energy, a sua volta, azionista di maggioranza di Bazan Group. Il Governo, insomma, intende verificare ogni aspetto di questa vicenda, da questo intricatissimo risiko societario fino all’aspetto più importante: la sostenibilità dell’operazione.

L’ipotesi veto del Governo

Del resto, il Petrolchimico riveste un ruolo chiave nell’economia nazionale: il 22% del carburante usato in Italia viene raffinato proprio in questo pezzo di Sicilia dove, tra diretto ed indotto, lavorano circa 10 mila persone, senza contare tutta le filiera economica attorno ad esso. Ipoteticamente, il Governo, se non avesse ben chiare le idee sull’operazione, potrebbe porre un veto che, poi, aprirebbe un altro altrettanto grosso problema: chi comprerebbe le due raffinerie?