La spina dorsale dell’inchiesta che ha portato all’arresto di 13 persone, accusate di far parte del clan Trigila di Noto e di avere imposto il monopolio nel trasporto dei prodotti agricoli, negli imballaggi e nel commercio dei formaggi, sono i colloqui in carcere tra il boss, Nino “Pinnintula” Trigila e la moglie, Nunziatina Bianca.
I due, secondo quanto emerso nell’indagine degli agenti della Squadra mobile di Siracusa e della Dda di Catania, denominata Robin Hood, avrebbero discusso di tante questioni, legati agli affari, tra cui la corresponsione degli stipendi. In una conversazione del 13 marzo del 2018, l’argomento è il denaro che non sarebbe arrivato ad un picciotto.
Trigila: Ah, poi devi dire… a Nello, non gli stanno arrivando niente (mimando con la mano il gesto dei soldi)
Bianca: e a questo… se sempre non… non gli viene fatto latte le pecore
Trigila: E va bene ma agli altri li sta mandando… come mai a lui no?…
Bianca:.. quello, quello non gliene dà…
Trigila: ma quello chi? Quello che ha i camion?
Bianca: u caliddu
Trigila: ah, u caliddu
Tra gli uomini di fiducia c’era Giuseppe Caruso, detto “u caliddu”, che, grazie ai contatti con le aziende di autotrasporti che operavano nella zona sud della provincia e in quella di Ragusa, aveva il compito di raccogliere i versamenti di denaro imposti agli operatori del settore per poter lavorare senza incorrere in problemi.
Gli inquirenti hanno accertato nel corso delle indagini tre episodi di estorsione ai danni delle imprese di autotrasporto. “Ma chi ve l’ha data questa autorizzazione” – “ io sto prendendo i bins e gli sto dando fuoco ora stesso, subito. E qua non ci deve entrare nessuno, se prima non ve lo dico io, perché il padrone (…) sono io”) emerge in una delle conversazioni intercettate dalla polizia.